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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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17 gennaio 2011
I VICINI TUNISINI
 Con un copione ormai collaudato, piazza e
Rete si sono rivoltate insieme alla Tunisia di Ben Alì, della sua
potentissima moglie e del clan a lei affiliato. La novità è che questa
volta hanno vinto e il presidente è fuggito in Arabia Saudita (la
destinazione di una fuga di solito racconta molto del profilo del
fuggiasco). Adesso è l’ora dei saccheggi
alla ville del potere, delle rivolte (con stragi) nelle carceri, della
ribalderia proletaria su cui tramestano le grandi manovre degli
aspiranti timonieri.
Ma prima, durante la “rivolta del pane”, erano stati i
bloggers tunisini a raccontare al mondo la situazione del paese.
Facebook, Twitter, YouTube e migliaia di blog hanno offerto al mondo un
aggiornamento costante sul mese di rivolta che ha cambiato la storia
della Tunisia. I video degli scontri e delle manifestazioni hanno fatto
il giro del pianeta e nonostante il governo abbia minacciato
l’oscuramento dei siti, alla fine è stata la Rete a vincere e a
spalancare la piazza agli insorti.
O forse ha perso la debolezza del potere,
il gigante coi piedi d’argilla che dopo tante energie dedicate ad
accumulare roba si è dimostrato impotente di fronte a una realtà di
disoccupazione, aumento dei prezzi e corruzione dilagante, denunciata
sul web da gruppi come Nawaat. In Tunisia il 54,3%
dei cittadini del paese ha meno di trent’anni e, grazie alla
scolarizzazione partita dopo l’indipendenza del 1956, un giovane
tunisino medio ha almeno una decina d’anni di scuola alle spalle. Il
numero degli iscritti all’università aumenta in modo esponenziale ma il
mercato del lavoro non dà sbocchi.
Dopo l’Iran, gli anarchici dell’Exarchia di Atene, gli studenti di Londra e Roma, gli immigrati di terza generazione delle banlieues
parigine, sono i giovani tunisini oggi a sfidare il potere costituito.
Colpisce l’analogia di fondo di tanta rabbia: la percezione che il no future,
metafora punk lirizzante di fine anni ’70, sia alla fine divenuta
realtà. Il terrore generazionale del domani, la percezione che l’oggi
sia una truffa, un bluff inscenato dai parrucconi di turno per
non mollare la poltrona, ogni tanto esplode in una fiammata di rivolta
che non ha niente a che spartire con gli indottrinati movimenti degli
anni Sessanta-Settanta. Destra e sinistra servono a poco per spiegare la
paura del nulla.
La foto è tratta dal sito di Nawaat. L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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6 luglio 2010
NINNANANNA 2.0
 “Isaiah, l’uomo-cavallo cliccato 12 milioni di volte”. Il titolo dell’articolo del Corriere.it sembra alludere a una sorta di cupo sequel di Tutti lo chiamano Alì (pellicola
tristissima di Fassbinder sulla storia di un presunto uomo-cavallo
nella xenofoba Germania anni ’70) più che, banalmente, all’ennesimo
porno interracial. Invece si tratta del “modello Mustafa, sogno erotico delle americane, grazie agli spot che si prendono gioco del machismo”.
L’articolo tratta dei due pluripremiati spot di Old Spice, gel da
doccia per maschietti prodotto da Procter&Gamble con protagonista
Isaiah Mustafa (il “sogno erotico delle donne americane” secondo il
Corriere.it, che si affida all’elegante doppio senso dell’uomo-cavallo
perché nel primo spot l’attore
afroamericano ne cavalca uno), che hanno fatto il botto su YouTube
(titoli del genere su testate del genere, peraltro, danno una buona
mano ai click).
YouTube è una vera miniera d’oro per gli sfaccendati giornalisti dei
media-mainstream, a cui fornisce in tempo reale una panoramica sui
video più cliccati del momento, solitamente fenomeni di costume
mediatizzabili sempre in una maniera o nell’altra (basta aggiungerci un
qualche sociologismo e “si porta a casa la giornata”). Fortunatamente,
però, dentro il social network più pagato della storia
(Google nel 2006 ha sborsato un miliardo e 650 milioni di dollari per
comprarselo) non ci sono solo i tormentoni delle multinazionali
pubblicizzati a gratis (?) dai giornali. Su YouTube c’è di tutto,
persino le ninnananne.

“Lullabies of the World” è un progetto
del 2005, nei successivi tre anni ha vinto tutti i premi possibili, che
mette in fila venti ninnananne animate di tutto il mondo, per cui
Metronome Studio (supportata dalla Federal Agency for Culture and
Cinematography of the Russian Federation) ha ricostruito mitologie,
religioni, melodie tradizionali, usi, costumi, archetipi e stereotipi.
Il risultato è un prodotto unico e sconosciuto ai più.
 Eppure bastano pochi clic (e nessuna spesa) per far entrare i propri figli in una favola animista africana, mostrar loro le imprese di Krisna in India e quelle di Ulisse e Icaro in Grecia o gli stress subiti dalla procace e occhiuta mamma andalusa e dalla coppia di esquimesi obbligati
dal pargolo a farsi performers. Il tutto con eleganti esecuzioni
musicali e illustrazioni di rara bellezza (e acume pedagogico),
apprezzate innanzitutto dal piccolo/a aspirante dormiente (prima ancora
che dagli speranzosi genitori aspiranti cosmopoliti). Così, quando gli
occhi si chiuderanno e il respiro si farà regolare, non resterà che
ringraziare San YouTube.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. Le immagini sono state prese in prestito qui.
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19 aprile 2010
ESTATE GLACIALE SUL WEB
“Quell’anno,
il 1816, venne ricordato come l’anno senza estate e in precedenza c’erano stati
anni simili… nel ‘700 ne abbiamo avuto un altro simile in cui si dice si sia
gelato, addirittura, il Mississipi… quindi non è una teoria stupida…". Il
2010 senza estate è una possibilità da non scartare per Marina Baldi,
climatologia del Cnr, nell’intervista a
RaiNews24 di qualche giorno fa. “Ma un grande bombardamento per far piovere,
non è possibile?”
Butta là Corradino Mineo, con timidissima ironia. La Baldi
spiega seria che no, non si può fare (costa tanto e serve a poco), poi finisce l’elenco dei
pericoli in arrivo (asmatici, bambini, ecc.) e infine chiosa cupa “Non
dimentichiamoci che l’ultima volta…” “1816?” s’inserisce Mineo “Si… ha eruttato
per circa due anni” “Nel 1816? Quello stesso vulcano?” “No, non era lo stesso
vulcano, ma era sempre in Islanda…” Mineo abbozza “quindi… potrebbe essere
l’inizio di un lungo periodo?” “Speriamo di no”.
Secondo Italian spot e l’informazione sparita
nel 1816 “l’Europa, che stava ancora riprendendosi dalle guerre
napoleoniche, soffrì per la mancanza di cibo. Ci furono rivolte per il
cibo in Gran Bretagna, in Francia e i magazzini di grano vennero
saccheggiati. La violenza fu peggiore in uno stato senza sbocchi sul mare come
la Svizzera, il cui governo fu costretto a dichiarare un’emergenza
nazionale. Grandi tempeste, piogge anomale e inondazioni dei
maggiori fiumi europei (incluso il Reno) sono attribuite all’eruzione”.
Prima però “nel 1812 il vulcano Soufrière nell’isola di Saint
Vincent nei Caraibi eruttò per quasi sei mesi. Due anni dopo nel 1814
toccò al Mayon nelle Filippine nel 1814. Un anno dopo tra
il 5 e il 15 aprile del 1815 ci fu l’eruzione del vulcano Tambora nell’isola di
Sumbawa, l’attuale Indonesia.”
Lo
spettro dell’estate glaciale (che ammazza i week-end, peggio di qualunque
suina, aviaria o mucca pazza), nuova info-mescalina
gratuita, s’aggira per la Rete. Il primo commento al video su YouTube
dell’intervista Mineo-Baldi, postato da MissPurplelife90, è eloquente
“quest'anno mi sono fatta un c**o tnt fuori casa e aspettavo l'estate per
riposarmi nella mia città in riva al mare... Ma perché sono nata poretta e non
posso pagarmi una vacanza sulla Luna che questi problemi non ci sono?”
L'articolo è stato pubblicato oggi su The Front Page.
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21 giugno 2009
BRIGATE NEDA
Ammazzata a una manifestazione di protesta. Ammazzata perché resisteva al dittatore. Questa è la storia di Neda, che è spirata su YouTube fra le urla di furia straziata dei suoi compagni, dopo che un miliziano basiji (o un poliziotto o uno dei nuovi mercenari arabi fa poca differenza) le ha sparato in una strada di Teheran. Il video da i brividi. Secondo la CNN almeno 19 perone hanno fatto la stessa fine, mentre il dittatore continua a minacciare gli iraniani e il resto del mondo.
Invece di sparare cazzate sull'esportazione della democrazia o sermoni patetici sui diritti umani, il resto del mondo dovrebbe fare qualcosa di concreto per abbattere il dittatore. Me ne sbatto della sovranità nazionale, è finita con YouTube la sovranità nazionale. Ci sono un sacco di giovani ardimentosi che muoiono dalla voglia di cambiare il mondo e per questo - in mancanza di meglio - si iscrivono a partiti, organizzano manifestazioni, occupano fabbriche e case sfitte, friggono salsicce e spinano birre nelle feste dell'unità e nei centri sociali. Arruolateli!
Lo so che gli sgherri del dittatore fanno fuori senza batter ciglio anche i giornalisti stranieri, ma c'è poco da fare: in questo genere di battaglie è la tenacia che ha la meglio. Se le proteste finiscono vince il dittatore, se continuano prima o dopo capitolerà. Gli iraniani sono tosti ma vanno aiutati, un fiume di giovani da tutto il mondo per sostenere la resistenza è la loro unica speranza: blogger, sindacalisti studenteschi, propagandisti di partito, semplici entusiasti. Tutti possono essere preziosi per l'Iran (e lo sarebbero molto di più anche per il loro paese, dopo).
Le Brigate Neda potrebbero riuscire laddove hanno fallito i marines: battere il dittatore e aiutare gli iraniani a costruire la democrazia che meritano. E che merita Neda, che non ha abbassato lo sguardo neanche davanti alle pallottole.
Il video della morte di Neda, scampato alla censura, è qui.
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5 marzo 2009
IL MIO PRIMO ECOPANNOLINO

Ieri Vanessa ed io abbiamo imparato a usare i Prefold, i pannolini lavabili grazie ai quali abbiamo rottamato i Pampers.
Sull'argomento aleggiava un certo qual terrorismo, alimentato da
leggende metropolitane e allarmi di amici autorevoli (pure il
parafarmacista Flynt è intervenuto), sull'ingestibilità dei pannolini
non usa e getta in particolare nei primi mesi.
Mica vero.
I Prefold sono comodissimi, anzitutto per Leonida, e piuttosto semplici
da usare. Intanto il pargolo non si graffia più le gambe con gli
arpioni anticacca dei Pampers, poi il tessuto è molto più morbido e -
una volta imparata la piega giusta - l'installazione è molto rapida.
Certo, noi li abbiamo comprati online e nel pacco non c'erano neanche
le istruzioni, ma basta farsi un giro su YouTube per trovare un gran
numero di videocorsi per bambini di ogni età e taglia. Come al solito
se ci si sbatte un po' la strada giusta alla fine si trova.
Adesso Leonida dorme qua di fianco a me, sul lettone. Stiamo ascoltando
i Kjarkas - un gruppo di musica popolare boliviana - mentre io lavoro
al mio mac. Ogni tanto tuona e il suo babbo sa che dovrà cambiarlo un
po' più spesso - una / due volte in più al giorno - rispetto a quando
portava i pannolini usa e getta.
Chissenefrega: se cambiare proprio figlio deve essere una rottura da
sbrigare il prima possibile - costi quel che costi - forse il mestiere
di babbo non è quello giusto.
Nella foto il babbo Orione e il bimbo Leonida, insieme nel lettone.
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16 marzo 2008
IL CIELO SOPRA RUSSI
 Oggi dal mio lucernario ho visto quanto rapidamente è cambiato il tempo. Stavo lavorando, gambe incrociate sul letto con Thor e Rebecca a fare da sentinelle, e ogni tanto alzavo gli occhi e sbirciavo dalla finestrella. Sopra di me il sole e le nuvole si rincorrevano a ritmo forsennato, poi il primo ha cominciato a prevalere sempre più spesso, fino alla vittoria definitiva nel pomeriggio. A sera il vento aveva spazzato via ogni resistenza, il cielo era limpido i colori splendidi: l'ideale per andare da Remo a prendere una birra per me e un cappuccione per Vanessa, che deve lavorare ancora a lungo.
Da Remo nessuna traccia del patacca del bar che mi ha copiato il look l'altro giorno. Ero così orgoglioso del mio spezzato estremista jeans sdruciti / gessato regimental / clark che quando sono arrivato al bar (dopo due giorni a Frosinone e Roma con Ciube) e ho visto il patacca vestito come me (in versione patacca ovviamente) ci sono rimasto di sale. Sarò un patacca anch'io? Mi sono sorpreso a domandarmi, perlesso.
Birra alla mano, mi sono accomodato al bancone con La Stampa di oggi. Qui in Romagna, oltre a Mazzini, Garibaldi, Mussolini e Malatesta, hanno anche la bella abitudine di prendere La Stampa in tutti i bar, il giornale più decente in circolazione infatti è allegato al Corriere di Romagna. Sul quotidiano di Torino oggi c'era disfatta morale, un articolo di Barbara Spinelli sul penoso imbarazzo delle cancellerie democratiche sul massacro cinese in Tibet e sugli esiti disastrosi di quasi sette anni di politica di guerra dei cosiddetti neocons europei e nordamericani.
Il massacro dei monaci (ieri birmani, oggi tibetani) è uno schiaffo alla nostra falsa morale democratica (più o meno da esportazione), a cui non siamo in grado di reagire neanche con la verve dimostrata all'epoca della decapitazionne delle statue del Buddha in Afghanistan da parte dei talebani brutti e cattivi. Sempre buddhisti, sempre pacifici, sempre vittime, ma stavolta in carne ed ossa. Più di cento vittime, pare, in Tibet oggi, più di ducento in Birmania lo scorso settembre. Stesso penoso balletto diplomatico, stesso sacro terrore di perderci i piccioli della locomotiva cinese, stessso squallido allineamento alla ragion di stato, vera e propria condanna della nostra civiltà.
In questo miserabile tramonto dell'Occidente solo i cattivi fanno i cattivi sul serio. Putin ha abolito le regioni per decreto, le teocrazie continuano a lapidare le adultere e la Cina (oltre a sparare sui monaci indifesi) sta oscurando YouTube da tre giorni, pare per ripicca. Alla faccia della globalizzazione. Le democrazie, invece, dimenticano che se non sono loro a dare una mano alla voglia di libertà per cui i monaci muoiono in silenzio, avranno ragione le dittature. Prima dei monaci, poi delle democrazie.
Là sopra, fuori dal mio lucernario, sembra davvero un brutto mondo; ma qui a Russi l'aria sa già d'estate.
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21 febbraio 2008
SPARA HILLARY SPARA
A poche ore da una delle sue ultime cartucce, il duello tv con Obama in Texas, Vanessa mi ha segnalato il gioco online più indicato di questi tempi: questo.
Sopra, il video promozionale su YouTube.
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