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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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23 gennaio 2012
MEGLIO SOLI
“All’Isola del Giglio, paradiso naturale e perla scheggiata ed
oltraggiata, è naufragata una idea di modernità e di diseguaglianza
selvaggia”. Parola del leader di “Eyjafjallajökull”, nome di battesimo della Fabbrica di Nichi (scelto
in onore del vulcano islandese a pochi giorni dall’eruzione). C’è da
chiedersi cosa potrà arrivare a inventarsi di qui alla fine del 2012,
“Armageddon della nuova sinistra” magari. Per ora si limita a minacciare
che “la tecnocrazia non può congelare il calore della democrazia”.
Vendola, insieme a Grillo e alla segretaria della Cgil, guida il composito fronte della sinistra anti-liberalizzazioni. Secondo Susanna Camusso “c’è
una tendenza a dire che bisogna allungare l’orario di lavoro. È di per
sé una straordinaria trasformazione, siamo tutti vittime dell’idea che
bisogna essere costantemente raggiungibili dall’informazione. Ma bisogna
riflettere sul fatto che non è forse vero che il problema è occupare
tutto il tempo disponibile”, che così si “deprezza la cura delle
persone, la salute, l’idea che si può avere attività che riguardano il
tempo libero, la costruzione della cultura, della lettura”.
Col post “Io sto con i taxisti”, Beppe Grillo lancia direttamente un’opa à la Brecht sulle
categorie in ballo. “Oggi vengono a prendere i tassisti, domani i
notai, dopodomani i farmacisti, la settimana prossima i fruttivendoli.
L’unica categoria che non vanno mai a prendere è quella dei politici.”
Infatti “la caccia all’untore, alla singola categoria sociale, è
iniziata. Una battuta dopo l’altra con i media a demonizzare i redditi
dei tassisti o degli avvocati. I tassisti ricchi sono rari come i
politici onesti. È un lavoro che si sono comprati con i loro soldi, non
attraverso raccomandazioni, conoscenze, leccate di culo.”
Così come Berlusconi lisciava il pelo agli evasori fiscali, con
battute e smentite di forma sull’iniquità dello Stato e sulle ragioni
per cui in fondo bisognava capirli, Grillo si struscia attraverso il
canonico attacco ai media, rei di “demonizzare i redditi dei tassisti o
degli avvocati”. E pazienza se quasi nessuno ricorda di essere riuscito
ad ottenere una ricevuta fiscale su un taxi o se l’Italia è piena di
avvocati, dentisti, idraulici che dichiarano meno di badanti e
ricercatori (che prendono meno delle badanti).
Per non sapere né leggere né scrivere, Grillo integra pure lo sloganino di battaglia con cui chiude tutti i post combat
– Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure – con un
bell’appello elettorale senza se e senza ma, condito con la solita
spruzzata di vittimismo preventivo (che non fa mai male): “Ci vediamo in
Parlamento se non fanno una legge elettorale per impedirlo.”
L’altra sera per sbaglio ho guardato il Tg3. Era un po’ che
non succedeva, anche perché la tv non è molto gettonata in casa nostra, e
non ero più abituato a certe bizzarrie, tipo un servizio (per fortuna
veloce) su Marco Rizzo, leader di non so quale Partito Comunista Docg,
che fissava marziale la telecamera arringando sulla nuova lotta di
classe che unisce taxisti, precari e operai.
La prima manifestazione contro gli ordini professionali io l’ho
organizzata nel 1998 e l’associazione di cui ero responsabile
dell’organizzazione, l’Unione degli Universitari,
aveva sede in Corso Italia e con la Cgil aveva (e ha) un rapporto di
figliolanza politico-sindacale proficuo e (spesso) conflittuale. Quella
volta non dissero niente (se scazzavamo forte la tirata d’orecchi
arrivava puntuale) e anzi, Massimo D’Alema, allora segretario del Pds,
si complimentò con inusuale veemenza.
Com’è andata dopo è noto. Sono passati quattordici anni da quel
corteo e dal nostro elegantissimo slogan – gli ordini professionali non
servono a un cazzo – e Bersani (versione ministro) e i governi di
centrosinistra sono riusciti a fare poco, sudando molto. Quegli altri
invece hanno festeggiato la rivoluzione liberale direttamente in piazza,
assieme ai taxisti romani in camicia nera dopo la vittoria di Alemanno.
Monti ha fatto più di tutti in meno di due mesi, Natale e Capodanno
inclusi. Così come sulle pensioni, sul riordino dei conti pubblici, ora
sul mercato del lavoro e sulle frequenze tv che il centrosinistra – è
bene ricordare agli smemorati – ha continuato a regalare al temibile
Caimano. Perché mai, dopo un anno di questa rumba e con la barca che
magari si rimette ad andare, dovrebbero fare le valigie? Che fanno gli
altri, tornano per riattaccare a smacchiare i giaguari? Bersani fa bene a
bere da solo, altroché.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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4 gennaio 2011
LETTERA AGLI STUDENTI
Sperando di svicolare dignitosamente tra
paternalismo senescente e cinismo distaccato, mi prendo queste righe
d’inizio anno per rivolgermi ai militanti del Movimento Studentesco
Nazionale, con tutte e tre le maiuscole proprio come ho trovato in giro
per il web, manco fosse una citazione di un ciclostilato degli anni ’70.
Per la prima volta, dopo gli anni settanta
infatti, si parla di Movimento Studentesco e non di Onda, Pantera, Udu,
Cl, collettivi, Sinistra Giovanile, Azione Giovani e via citando. E
questo fatto, di per sé, è già un evento. Nell’immaginario collettivo è
passato che gli studenti in quanto tali esprimono un disagio vero, che
in qualche modo mostra un nervo scoperto dell’Italia del 2010: quello
dei giovani e del furto di futuro che si sta compiendo ai loro danni.
Con sfumature diverse, naturalmente, è
opinione diffusa (confortata dall’esperienza quotidiana) che un disagio
generazionale esista e valichi ampiamente le sensibilità politiche e le
classi sociali. Il presidente Napolitano ha in qualche modo raccolto
questo disagio, la sensazione che qualcuno o qualcosa abbia cambiato le
carte del futuro, ma gli altri – politici, giornalisti e parolai vari –
si sono limitati a dividersi, con diverse sfumature, in opposte
tifoserie. Come a Genova.
E il fatto che non ci sia stato un altro
Carlo Giuliani, alla manifestazione di Roma, è un miracolo, un caso
fortuito di un destino che andrebbe accuratamente assecondato, evitando
di fare della violenza un totem (ancorché simbolico) che alla fine dei
conti ottunde la ragione e mena comunque rogna. Ma questo è scontato, a
parole son buoni tutti. Meno scontato è capire in che modo capitalizzare
quel credito di visibilità acquisito, l’essere percepiti da buona parte
dell’opinione pubblica – nonostante le auto e le teste fracassate –
come una buona causa. Quella di chi si batte per un’università migliore.
“ADOZIONE DI UN CODICE ETICO per evitare
incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. LIMITE
MASSIMO AL MANDATO DEI RETTORI di complessivi 6 anni, inclusi quelli già
trascorsi prima della riforma. Un rettore potrà rimanere in carica un
solo mandato e sarà sfiduciabile. NUCLEO DI VALUTAZIONE D’ATENEO A
MAGGIORANZA ESTERNA per garantire una valutazione oggettiva e
imparziale. GLI STUDENTI VALUTERANNO I PROFESSORI e questa valutazione
sarà determinante per l’attribuzione dei fondi dal ministero.
VALUTAZIONE DEGLI ATENEI: Le risorse saranno trasferite dal ministero in
base alla qualità della ricerca e della didattica. OBBLIGO PRESENZA
DOCENTI A LEZIONE: avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a
lezione.”
Alcuni di questi punti della riforma Gelmini
sono da almeno quindici anni bandiere dell’associazionismo di
centrosinistra (oggetto ossessivo di quella vasta letteratura minore che
pullula fra i documenti politico-programmatici redatti nottetempo da
comitati fumanti) e, anche se bisogna vedere cosa c’è sotto i titoli (e
nei decreti attuativi), prima o poi bisognerà prenderne atto. Perché non
accettare, quindi, la proposta del ministro
e chiedere di discutere nel merito, fare controproposte puntuali e
obbligare i parlamentari di riferimento a presentarle? Che senso ha
lasciare la riforma dello status giuridico dei docenti-baroni, la cui
legge era stata palleggiata tra Camera e Senato per due-tre lustri, al
solo governo Berlusconi e rifugiarsi nell’aventino mediatico della
piazza tout-court? Perché non stupire con effetti speciali, tipo
l’intelligenza?
L'articolo è stato pubblicato (con un altro titolo) su The FrontPage.
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27 febbraio 2008
AUDACI
 Il Corriere ha scoperto la campagna di rupture dell'Unef, il sindacato degli studenti franzosi, sul problema degli alloggi per i giovani. Secondo Marco Consoli La campagna che in Italia scatenerebbe sicuramente molte polemiche, in
Francia sembra aver già dato i suoi frutti: il ministro dell’Università
Valerie Pécresse ha annunciato un piano di investimenti pari a 620
milioni di euro per costruire 5.000 nuovi alloggi e ristrutturarne
7.000 all’anno, fino al 2012
Mah. L'Udu, il sindacato degli studenti nostrani, l'ha fatta identica nel secolo scorso (o al massimo nel 2000, l'avevo appiccicata sul frigo a casa di Bepi) su gentile concessione dell'Unef. E nessuno si era scandalizzato granché, né (pre)occupato troppo del problema degli alloggi per i giovani. Magari è un tema che appassiona solo quando se ne parla all'estero, o forse è la buona volta che diventa un argomento di dibattito anche qua (al posto dell'aborto, no?).
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28 ottobre 2007
NO UÒLTER, NO PARTY
Quand'ero responsabile dell'organizzazione dell'Udu ero un fan delle tessere. Un'associazione di studenti è già di per sé una roba fricchettona figuriamoci senza le tessere, mi dicevo. Così ogni settimana almeno un paio di volte alzavo la cornetta e chiamavo tutti i resporg d'Italia a rapporto. Dopo qualche minuto di preliminari arrivavo al dunque "ma con le tessere come siamo messi?" Seguiva sempre una serie di sfighe indicibili, complotti della malasorte, problemi col tipografo o col "solito nuovismo di merda".Fare le tessere era sempre una gara dura.
Ma noi provavamo a fare il sindacato degli studenti (con tutti i limiti anche culturali del progetto ben chiari e dibattuti), il numero di iscritti era la cifra del nostro curriculum vitae. Così come i quesi dieci milioni di iscritti al Sindacato (Cgil, Cisl, Uil) sono la cifra della sua rappresentatività, anche se non l'unica visto il successo e la proliferazione degli strumenti di democrazia diretta come le elezioni delle Rsu e i referendum.
Per un partito politico però le cosa stanno diversamente, almeno nel 2007. Credo non si possa dire (neanche per scherzo) che è grazie ai partiti che si formano le coscienze dei cittadini, né che le stesse opinioni politiche siano frutto di un'analisi dell'offerta dei partiti. Semmai è vero il contrario: la gente si fa la propria opinione partecipando liberamente alla discussione (in strada e in rete) e quando deve esprimere un voto si sforza di trovare uno dei settecento partiti che sostiene cose simili alle sue. Per questo si fa lobotomizzare un po' dalla politica in tv (dove partecipare non è previsto) e alla fine, sfinito, decide.
Mettere in discussione la validità dello strumento tessera significa mettere in discussione la militanza in quanto tale e la figura, per certi versi e talune persone, mitica del militante politico? Bene, vorrà dire che si chiameranno volontari e militeranno come prima nei ristoranti delle feste di (ex) partito e nei blog di area.
Un partito senza tessere rischia la deriva plebiscitaria? Magari, meglio la dittatura di un leader eletto (a tutti i livelli, anche nelle province) che quella dell'oligarchia. Il leader ci mette la faccia e se scantona, alle primarie dopo gli ex-oligarchi si saranno già organizzati per farlo fuori.
Un partito senza tessere, chi la fa poi la politica? Intanto non è che ci sia bisogno di tutta questa politica. O meglio ce ne vuole della buona, politica di qualità, fatta seriamente, capace di selezionare sindaci e manager e di essere con le orecchie tese rispetto alla società e ai cittadini. Una politica che ha informazioni, competenze e conosce le regole del gioco mediatico e sociale dell'Italia del 2007. Con le tessere tutto questo c'entra poco.
Un partito liquido (come l'ha chiamato Bersani per fare il colto e citare il libro di Bauman) è quello che ci vuole per mettersi a sedere con le associazioni, i comitati e tutte le forme con cui i cittadini decidono di aggregarsi senza più la spocchia del partitone. Liquido è il termine corretto per definire un'organizzazione politica abbastanza contemporanea da adattarsi, ascoltare, adoperarsi. Prima di pontificare.
Spero che fatti e sondaggi diano ragione a Uòlter e magari anche gli altri si diano una mossa. Se Nichi Vendola avesse la stessa opportunità di tribuna a sinistra, ad esempio, la partita si farebbe interessante.
uòlter
udu
pd
sindacato
tessere
bersani
vendola
| inviato da orione il 28/10/2007 alle 20:45 | |
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