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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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13 aprile 2011
TOKYODRAMA
 “«Peppe, sei uno degli ultimi degli italiani rimasti a Tokyo. Ti
prego, scappa». Sarebbe iniziata così la telefonata ricevuta martedì
mattina da Giuseppe Erricchiello, in arte Peppe, pizzaiolo nato 26 anni
fa ad Afragola, vicino a Napoli, e residente a Tokyo da cinque anni. Una
telefonata fatta dall’ambasciata italiana nella città giapponese,
secondo quanto riferisce lo stesso pizzaiolo, ma smentita dalle fonti
consolari italiane di Tokyo tramite funzionari del ministero degli
Esteri a Roma. Peppe è uno dei molti che hanno fatto grande l’Italia
all’estero. La sua storia fa comprendere il valore, il coraggio, la
dolcezza e la semplicità di questo ragazzo dal naso partenopeo. Peppe
non padroneggia un italiano perfetto e l’inflessione dialettale è
predominante, ma ciò che dice e racconta arriva sempre dritto al cuore”.
Tocca
ad Alessia Cerantola e Scilla Alessi su un blog della BBC l’onere di
giustiziare, con dovizia di particolari scabrosi quasi quanto “Peppe,
l’ultimo italiano a Tokyo” (comparso sul Corriere online e praticamente
riscritto dopo poche ore di mail e messaggi di protesta), l’operato dei
giornali italiani sul disastro giapponese. L’articolo
su Peppe (con tanto di foto con sorriso e impasto in bella vista) è uno
dei tre esempi fornite dalle due giornaliste di informazione
catastrofista e dilettantesca, insieme alla galleria di foto sul Saitama (lo stadio-rifugio dei contaminati) e a “Tokyo capitale dell’agonia. ‘Qui non vivremo più’”, entrambi pubblicati da Repubblica.it.
“La gente si raduna a pregare e a bruciare incenso. I cibi
confezionati, purché prodotti prima dell’11 marzo, sono introvabili e il
loro prezzo è salito di sette volte. Invenduti i generi freschi.
Migliaia di taxi sostano in attesa di clienti già lontani, mentre le
stazioni dei treni scoppiano di viaggiatori carichi di scatole e
valigie. Molti distributori di carburante sono chiusi e quelli aperti
non vendono più di dieci litri di benzina a testa, da portarsi via in
una tanica.” Come 28 giorni dopo,
ma a distanza di sicurezza. Forse il pathos narrativo delle grandi
testate italiane è stata una scelta di mestiere obbligata, visto che gli
unici corrispondenti fissi da Tokyo scampati ai tagli di bilancio e al
rinnovato interesse per la Cina sono rimasti quelli di Sky Tg24, del
Manifesto e dell’Ansa.
O forse è più semplice raccontarla a cazzo di cane, come a Hollywood, così la gente capisce, si caga sotto e magari si vendono più copie. Invece secondo Mikihito Tanaka, Associate Professor at the Journalism School of Waseda University and research manager at the Science Media Center in Tokyo, la
globalizzazione e la rivoluzione tecnologica stanno creando un pubblico
di lettori professionisti dello scetticismo facile, specie quando il
sensazionalismo cialtrone egemonizza il tono e i contenuti di grandi
giornali, araldi a giorni alterni della libertà d’informazione made in
Italy (minacciata dall’impero del male del premier).
E così quasi nessuno ha trovato un po’ di spazio per raccontare, senza stereotipi da rotocalco, la realtà di un popolo fiero e capace di autorganizzarsi al punto da creare reti civiche per
monitorare le radiazioni nell’acqua, nei cibi e nell’ambiente,
diventando così fonte diretta d’informazioni vitali per i media e
soprattutto per i propri concittadini. Non stupisce, ma in qualche
misura conforta, che la sostanziale correzione di rotta di una settimana
di svacco hollywoodiano delle portaerei mediatiche nostrane sia
arrivata grazie alle mail di protesta e al lavoro (in gran parte non
pagato) di blogger, siti e social network. Che li hanno messi alla berlina senza pietà.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage (da cui è tratta anche l'immagine).
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23 marzo 2011
APOCALISSE A ROMA
 “Ad Albano Laziale, Comune che la voce dava come epicentro, molti
cittadini si sono riversati sia all’URP che alla segreteria del sindaco
per chiedere tutele e spiegazioni impauriti specie le mamme dei bimbi a
scuola. Dal Comune il sindaco ha annullato tutti gli impegni per gestire
la situazione hanno contattato tutti la Protezione civile e l’Ingv per
chiedere spiegazioni e tutti gli organi di stampa che hanno potuto
mettere in giro la notizia. Quindi è stato contattato il Tg3 regionale e Rds che hanno smentito la notizia.”
Si fa presto a dire
“una bufala”. Basta non vivere ad Albano Laziale, nell’occhio del
ciclone dei monatti dell’Apocalisse via web come possibile epicentro del
terremoto devastante che dovrebbe radere al suolo la città eterna nel
mese di maggio, tra due mesi. Se ogni mattina si accompagnano i figli
all’asilo di Albano Laziale e la sera si guardano per televisione le
immagini del terremoto/tsunami che ha messo in ginocchio la terza
economia del mondo, probabilmente non è facile prenderla con la stessa,
encomiabile, filosofia.
La “bufala” è in realtà una leggenda metropolitana antica, per chi
vive nella capitale, che adesso è arrivata alla resa dei conti con la
realtà. Maggio è alle porte, su Facebook ci si organizza, e la prova dei fatti potrà smentire il panico gratuito seminato dalla supposta predizione di Raffaele Bendandi. Secondo Giampaolo
Giuliani, fisico in pensione assurto agli onori della cronaca per la
serie di presunte previsioni del sisma d’Abruzzo del 2009 (messe a punto
tramite lo studio del presunto gas radon, da lui individuato e
utilizzato per i suoi “precursori sismici”) la configurazione astrale di
quei giorni (11-13 maggio) rientra nella tipologia individuata da
Bendandi per le sue previsioni (azzeccate, una persino registrata in
anticipo dal notaio) durante tutto il Novecento.
Naturalmente non poteva mancare Nostradamus e due delle sue celebri
quartine, che sembrano lo script di un filmone hollywoodiano, vengono messe in
relazione col supposto sisma in arrivo. “Il Sole dentro i venti gradi
del Toro così forte la terra trema, Il grande teatro riempito crollerà,
L’aria, cielo e terra, oscurati e turbati, Quando l’infedele Dio e i
santi invocherà”. I venti gradi del Toro corrisponderebbero al giorno 11
maggio (già oggetto di perversioni numerologiche) mentre il “grande
teatro” sarebbe il Colosseo.
“Il terremoto così forte nel mese di Maggio, Saturno, Caper, Giove,
Mercurio nel Toro: Venere, così nel Cancro, e Marte nella Vergine
(Nonnay), Allora più grossa di un uovo la grandine cadrà.”
Tutto questo mentre andava in scena lo spettacolare perigeo lunare che ha dato adito, ovviamente, a ulteriori speculazioni. Secondo
lo scienziato Arkady Tishkov “esiste una teoria secondo cui i cicli di
attività sismica della Terra è strettamente correlata ai processi che si
verificano sul Sole nonché alle fasi lunari. Attualmente la Luna si
trova ad una distanza di circa 350 mila chilometri dalla Terra, ossia
alla minimia distanza dal nostro pianeta. Naturalmente la sua massa ha
un grande impatto sulla litosfera della Terra. A sua volta il Sole è
all’apice della sua attività negli ultimi anni. La connessione tra
questi fenomeni esiste realmente e si manifesta quasi sempre. I cicli
dell’attività solare e lunare possono coincidere. Negli anni 2011 – 2015
è previsto il più alto ciclo di attività vulcanica e sismica sulla
nostra Terra.” Insomma, buona Apocalisse a tutti.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. L'immagine è stata presa qui.
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17 marzo 2011
DACCI OGGI LA NOSTRA APOCALISSE QUOTIDIANA
 “Il Kojiki riporta un antico racconto che è chiaramente un
esempio dell’occorrenza del tema della scomparsa del Sole. In seguito ad
una discussione con il suo indisciplinato fratello, il dio della
tempesta Susanoo, questi distrusse gli argini delle risaie piantate da Amaterasu
e ne ostruì i fossati. Amaterasu ne fu così imbarazzata da ritirarsi
nella caverna Ama-no-Iwato, precipitando il mondo nell’oscurità. Le
altre divinità la pregarono di uscire fuori, ma senza successo. Quindi
la dea Ama-no-Uzume ebbe un’idea: appese uno specchio ad un albero
vicino ed organizzò una festa, esibendosi in una danza erotica di fronte
alla caverna. Fece ridere talmente tanto gli altri dei da incuriosire
Amaterasu e spingerla a sbirciare fuori. Vedere il proprio riflesso
nello specchio la stupì talmente che gli altri dei riuscirono a tirarla
fuori dalla caverna e a convincerla a ritornare in cielo.”
Uno dei racconti più antichi raccolti nel Kojiki (‘Memorie degli eventi antichi’), già utilizzato da Graham Hancock nel
suo studio comparato sul mito del diluvio universale (presente in
religioni e leggende di tutto il mondo), testimonia il carattere ciclico
delle apocalissi nella terra del sol levante e, di converso, il
carattere del suo popolo. Gente che non si arrende mai, che ha salvato
la pelle grazie al tempismo disciplinato con cui ha calzato il caschetto
e al libretto d’istruzioni anti-sisma del governo che ha letto per
davvero, ed è sempre in grado di risorgere, come il sole dopo il
temporaneo spadroneggiare del dio degli tsunami.
“Giappone, rischio Apocalisse”. Corriere.it si limita a citare
il commissario Ue per l’energia Guenther Oettinger che ha definito
“un’apocalisse” la situazione della centrale di Fukushima, dopo aver
confidato ai cronisti che, a suo parere, le autorità giapponesi hanno
perso il controllo della situazione. Un po’ come dare del pazzo a chi ha
una crisi di panico e magari stupirsi se non migliora. Che abbia
ragione o meno Oettinger farebbe bene a cambiare mestiere o a prendere
silenziosamente esempio dall’opposizione politica giapponese, che si è
detta pronta ad avallare il piano del governo senza battere ciglio, e/o
dai colossi industriali dell’elettronica nipponica, che stanno
rinunciando a ore di produzione per non assorbire l’energia che
scarseggia e che serve di più in ospedale.
Monatti del business e untori del panico, intanto, si stanno scatenando in Rete e sui social network. Nelle periferie della Rete cominciano a spuntare le prime creatività numerologiche,
mentre gli spammer bombardano di e-mail che pubblicizzano pillole allo
iodio contro le radiazioni (che hanno soppiantato momentaneamente Viagra
e Cialis) e presunti esperti, mitomani e sciacalli dichiarati
annunciano piogge tossiche, malattie infettive, nuovi disastri in
arrivo. Tutto ciò non riesce a far smuovere di un centimetro dal proprio
decoro il segretario del governo giapponese, Yukio Edano: “Burle che
vanno solo ad alimentare il senso di insicurezza collettivo”.
Nel Giappone ipertecnologico del 2011, terza potenza del mondo e
storico esportatore di Goldrake e Mazinga, Twitter è diventato un vero e
proprio salvavita.
Dopo lo schianto delle reti di comunicazione è balzato a 1200 twit al
minuto, solo da Tokyo, mentre in migliaia hanno preso d’assalto japan.person-finder.appspot.com,
il motore di ricerca di Google per rintracciare le persone scomparse.
Gli attimi più spaventosi di migliaia di vite – sovente gli ultimi –
sono conservati tra le pagine di blog e social network. Intanto
Amaterasu, ricacciata nella caverna dalle bizze del fratello-tempesta,
aspetta pazientemente la danza gioiosa dell’ennesima resurrezione per
riprendere il proprio posto in cielo.
L'immagine di Amaterasu l'ho presa qui. L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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19 gennaio 2010
TWEETING FROM HAITI
“So sorry to not anchor my show today. Couldn't break away from the field hospital. If #cnn doesn't fire me, promise to do the show tomorrow". Sono passate da poco le 6 del pomeriggio quando Sanjay Gupta, neurochirurgo e caporedattore medico della CNN, ha un annuncio da fare al milione e passa di suoi followers su Twitter: quella sera non potrà andare in onda e promette di farlo il giorno dopo (se la CNN non lo licenzia, chiosa con invidiabile humour).
Undici ore prima aveva raccontato, incredulo, la fuga di mezzi e personale medico e paramedico delle Nazioni Unite “per motivi di sicurezza” dall’ospedale da campo a cui era assegnata la sua troupe: “At field hosp. the UN evacuated the docs, but my crew stayed with me. 25 patients - injured badly, but we are making sure they get good care”. Rimasto l’unico medico dell’ospedale, il giornalista ha lasciato il posto al neurochirurgo e la troupe è diventata la sua equipe improvvisata. Nonostante la perdita del generatore elettrico tutti i pazienti dell’ospedale sono rimasti in vita.
Gupta, che sembra uscito da un albo della DC Comics più che da un network tv, ha da poco rifiutato una prestigiosa carica da Obama in persona (Surgeon General degli USA) per continuare a fare il proprio (doppio) lavoro ed era ad Haiti al momento del terremoto. Il 14 gennaio, poche ore dopo il sisma, scriveva: “Non è stata riattivata l’elettricità, sto twittando grazie alla connessione satellitare e ad un generatore elettrico sento colpi di arma da fuoco qui vicino. Non ho mai visto cose del genere prima. Anche se odio dirlo, sembra una situazione senza speranza. I cadaveri sono ancora nelle strade. Mi chiedono se posso dare aiuto: certo che lo farò, sono un reporter, ma innanzitutto un medico”. Poi ha salvato la pelle a una bambina di 15 giorni, rimasta orfana e in condizioni apparentemente disperate (nel video sopra).
Come per la rivoluzione verde dell’Iran, Twitter è una sorta di macchina della verità capace di far filtrare pezzi di vita, di terrore e coraggio, angoscia e speranza, che bucano censure e catastrofi e irrompono nel nostro mainstream quotidiano. Quella di Gupta è l’altra faccia, per ora pericolosamente minoritaria, dell’inferno di Haiti (la punizione di Dio per il patto col demonio stretto nel 1791 dai sacerdoti voodoo per ottenere l’indipendenza dalla Francia, secondo il telepredicatore Pat Robertson).
L'articolo è tratto da The Front Page.
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18 aprile 2009
TELESCIACALLI
 "Stavolta lo Stato c'è"
Lucia Annunziata in
prima pagina sulla Stampa non ha dubbi. E interpreta con una forzatura
un po' goffa il senso comune - direi il bisogno impellente - di
smetterla con le polemiche e di rimboccarsi le maniche. Tanto tutti
sanno come girano le cose in Italia e gli scoop di Santoro lasciano il
tempo che trovano perché, disgraziatamente, non sorprendono più
nessuno. Non sarà un'altra scazzottata mediatica tra destra e sinistra
a guarire i feriti, a ridare una casa a chi non ce l'ha più (Vera, ti
abbraccio forte!), a consolare chi è sopravvissuto. L'articolo, il Bianconiglio della settimana, si trova qui. L'immagine l'ho presa in prestito qui.
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