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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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2 marzo 2011
IL CORPO È MIO
“Incontro riservato tra il presidente del Consiglio e il cardinale
che ha chiesto e ottenuto garanzie su biotestamento, scuole cattoliche e
adozioni. Gli spauracchi delle gerarchie: «Fini ha nominato Della
Vedova capogruppo, Casini è troppo debole, «il Pd premia i gay e pensa
ai Pacs»”. Considerata la coincidenza tra dietrologie
e recenti dichiarazioni pubbliche, suona tristemente plausibile che il
premier pensi di risolvere il gap d’immagine presso l’elettorato più
benpensante, causato dalle note vicissitudini politico-gossippare, con
un classico do ut des. Tolleranza privata in cambio di intolleranza pubblica.
Niente di nuovo o di particolarmente scandaloso, specie se a
scandalizzarsi è un’opposizione che su questi temi ha visto morire sul
nascere partiti, coalizioni e programmi di governo. La legge sulle
coppie di fatto dell’ex governo Prodi (poi abortita) ha cambiato
talmente tanti nomi, loghi e contenuti da diventare una delle
barzellette più macabre della precedente legislatura, assieme alle
imprese di Mastella & De Magistris, alle manifestazioni dei ministri
contro lo stesso loro governo e alle piantine di marijuana piantate da
Caruso sul terrazzo della Camera dei Deputati (l’unico atto politico
degno di questo nome di Caruso che si ricordi).
Una cosa però è fare il tifo per il ritorno dell’Elefantino in tv (è
buona norma parteggiare per le persone intelligenti per partito preso,
indipendentemente dal loro, finché si parla di tv), altra è non rendersi
conto che se al Berlusconi bollito
resta soltanto la sponda clericale nuda e cruda, per giunta senza
margini di trattativa su nulla, è un problema per questa Italia. Il
rischio è di due tipi: prosecuzione dello stato yemenita in tema di
diritti civili delle persone di orientamento sessuale diverso da quello
maggioritario, restrizione della libertà di cura e ricerca e
dell’arbitrio sul proprio corpo. Dell’ultima parola.
In sostanza la posta in gioco, per l’ennesima volta da qualche secolo in qua, è l’habeas corpus.
Ferrara e la sua truppa di teo-dadaisti di belle lettere possono
infiorettare paginate intere di artifici retorici e minuetti linguistici
ma la faccenda non cambia. Chi decide, in ultima istanza, sul proprio
corpo? Chi decide che, in base al sesso che preferisco fare, posso
ereditare la casa dal mio compagno/a oppure andarlo a trovare
all’ospedale senza sperare nella clemenza del medico di guardia? Chi
decide come e quando devo morire?
Se la risposta a queste domande è lo Stato (per conto di Dio, della
Ragione, della Pachamama, di Maometto o Visnù poco importa) significa
che io non sono padrone fino in fondo del mio corpo. La rivoluzione
sessuale ha reso scontato un concetto che prima non lo era affatto,
l’affermazione del dominio individuale sul corpo, e l’ha fatto
rileggendo Wilhelm Reich,
un genio del Novecento che dava scandalo sostenendo, contro il fascismo
rosso e nero, che non si poteva essere liberi del tutto se non lo si
era sessualmente.
Reich si scagliava anche contro la pornografia seriamente indiziata
della “peste emozionale” che pian piano trasforma le persone nelle
corazze che si sono costruite a partire dalle proprie ossessioni,
sessuofobia inclusa. Su di lui non ci sono più dibattiti alle
occupazioni come nel ’68 e invece che di liberazione sessuale la
sinistra si occupa del lettone di Putin, ma per qualcuno
l’allievo di Freud, morto in carcere negli USA nel 1957 dopo che la
Food & Drugs Administration gli aveva bruciato i libri in piazza
(come i nazisti e l’Inquisizione), è ancora il totem della propria
ossessione. “La pornografia moderna è figlia di Reich il quale afferma
che tutti i mali della storia derivano dalla repressione sessuale, la
cui massima responsabile ovviamente sarebbe la Chiesa Cattolica.”
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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26 gennaio 2011
L'AVATAR DI CALIGOLA
 “Since the Roman Empire, politics here has
been seen as a means to power and money. Even today, Italy remains a
land where complex networks of connections and family ties can still, as
in feudal times, count more than merit or position, whether in getting a
job or a bank loan.” Rachel Donandio sul New York Times ha raccontato
il reality-show Italia alla luce delle gesta del solito unico,
celeberrimo, protagonista indiscusso “Surreal: a soap opera starring
Berlusconi”.
Non c’è solo Caligola, l’avatar impazzito del presidente del Consiglio che sbraita
contro Gad Lerner alle undici sera mentre gli italiani normali davanti
alla tv (tutti quelli che potrebbero votare per lui) guardano il Grande Fratello, nell’articolo del Nyt “Prisoner of this world that he created”, ma anche “I invented a parallel life”, Ruby heart-stealer
canonizzata in fascia protetta tv dall’avatar Berja-chic di Signorini, e
soprattutto gli altri protagonisti del virtuality-show: gli italiani a
casa. Quelli del televoto, che hanno già mandato tre volte Berlusconi a
Palazzo Chigi e adesso lo metterebbero pure in nomination, ma non vedono alternative.
Il fatalismo italiano è il vero alleato di Berlusconi, secondo il Nyt.
Niente di nuovo sotto il sole. Italiani brava gente, Franza e Spagna
purché se magna, fascisti con il Duce e antifascisti dopo il 25 aprile e
neanche nel ’92 andò diversamente. Tangentopoli (oltre l’incredibile
percentuale di assoluzioni e lo spropositato numero di anni trascorsi
preventivamente dietro le sbarre dagli imputati) non ha cambiato una
virgola nella società, a parte la decapitazione dei partiti che avevano
fatto la Repubblica, se non in peggio. Oggi il copione si ripete ma gli
italiani hanno ancora meno voglia di sbattersi e, al massimo,
s’indignano periodicamente a qualche festa comandata di piazza, su
Facebook o davanti a Santoro e Floris. Insomma, a differenza che dal nonno di Ruby, la “rivolta non scatta”.
Il braccio di ferro tra Fiom e Fiat, anzi, ha spostato molti più consensi
del Ruby-gate. La solita metà degli italiani per una ragione o per
l’altra non si sconvolge troppo con la storia del puttaniere prestato
alla politica (e/o sospetta che sia in buona compagnia). L’altra è in
ostaggio dello speculare psicodramma di un’opposizione scompaginata che
senza l’avatar di Caligola non esiste, un brusio indistinto fra uno
strepito e l’altro del tiranno virtuale. Ormai si definisce solo per sua
nemesi e, per questo, dovrà necessariamente arrivare fino alla fine
dello show. Costi quel che costi. Si lustrino le baionette, dunque, e si
olino le ghigliottine. Tanto poi arriva sempre la pubblicità. Chissà
stavolta che programmi ci sono dopo.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. L'immagine è stata presa qui.
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