29 gennaio 2013
BERSANOIDI ALLA CONQUISTA DEL WEB
 “Uè ragassi, me l’avete menata su tutto il tempo con l’ambaradan
delle Frattocchie 2.0 e sta roba dei 300coslani lì, spartani (che a me
sinceramente stavano anche sulle balle) e poi diobono voi mi mettete su
una cosa vecchia come il cucco, che sembrate quelli che si organizzavano
e partivano in motoretta per andare a fischiare il comizio di quello o
di quell’altro a Porretta Terme e che poi una volta tornati al bar
facevano gli sboroni e si davano di gomito. Tuitter? I socialnetuork? La
campagna vi ci vuole a voi diobono!”
Il commento di Lorenzo riassume alla perfezione il fastidio
epidermico, ben comprensibile per chi ha avuto a che fare coi ciellini
melliflui e implacabili dell’università, che attanaglia dopo un breve
giro nel blog di Mantellini. Dopo aver osato postare il video di Bersani
in macchina che ascolta l’ultimo (inascoltabile) singolo di Vasco
intento a fumare il fido sigaro, titolando “votereste alle elezioni per
uno così?”, lo sdegno organizzato e militante è montato in poche ore.
Di questi tempi elettorali spesso, quando ci si inoltra su Facebook,
Twitter o in qualche blog, capita (è capitato spesso in questi giorni a
diverse persone digitalmente attive) di ritrovarsi sostenitori di questo
o quell’altro politicante candidato, di doversi sorbire una montagna di
inviti, spam, propaganda. Questo è diverso, questa è Sparta (direbbero
loro). Stiamo parlando infatti della war room del Pd, l’unità di guerra elettorale digitale ribattezzata (con sprezzo del ridicolo) per l’appunto “trecento spartani”.
Al netto di veline e velini che impazzano in Rete a compitamente
spiegare quanto sia bella, entusiasmante, collettiva e finalmente
giovane la campagna del Pd, è interessante riflettere sull’operazione
che già dal “manifesto” del blog,
davvero spartano, intende mostrare i muscoli, a suon di dotte citazioni
e paroloni complicati. Poi è ovvio che le chiacchiere stanno a zero, al
Pd di web ci capiscono notoriamente poco e non gli è sembrato vero di
lustrare a nuovo le truppe cammellate di figiciotta memoria.
“È utile quindi considerare il web come estensione agentiva della dimensione analogica (E. Colazzo – Caught in a web, in allonsanfan.it)
e pertanto analizzare quello che succede in rete, e in particolare sui
social media, come qualcosa che vada a completare la sfera offline che
ognuno di noi vive ogni giorno e quindi come una latrice di influenza
che può andare a fissarsi su determinati recettori, se efficacemente
stimolati.” In soldoni: una stanza in via del Nazzareno, qualche
stipendio e uno stuolo di bravi compagni in giro per l’Italia pronti a
menar le mani ogni volta che qualche fighetto parla male del capo.
Dopo il raid al blog, una tipa su Facebook ha commentato: “Ma
Mantellini, di preciso, cosa fa nella vita? Il blogger? Mi sa che aveva
ragione sua madre.” Per poi replicarmi trucida, poco prima di togliermi
l’amicizia: “Grazie al Mantellini rosicone gli Spartani sono
raddoppiati…si metterà l’anima in pace prima o poi, che di web non
capisce solo lui.” La chiave di volta per capire tutta questa baldanza
guerresca è forse proprio la sensazione, immagino liberatoria, di
sentirsi per una volta dei nerd, si, ma fighi.
Non più solo i grillini, quelli dei centri sociali, il popolo viola, gli infidi amici di Civati,
ma adesso che “ci capiscono anche loro di web”, quelli del partitone
doc, non ce n’è più per nessuno. E con la tipica tracotanza degli ultimi
arrivati al party internettiano, giù a dare dello snob e del
fighetto-radical-chic a tutti quelli che si permettono di segnalare che
lo spam elettorale, spesso, porta via voti invece che portarne. E che la
reputazione, sulla Rete, è tutto. Anche per i nativi analogici che
hanno deciso il gran passo, salvo poi trasformarsi in Bersanoidi di scarso appeal politico-elettorale (fuori dai confini della loro Sparta immaginaria).
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
|