15 marzo 2013
ANTIVIRUS
“Più di così divertirti non puoi… amico sì, sei in alto e lo sai.
Rose su rose, tutti premi per te, non aver dubbi sei un re. Complicità,
quanta gente con te… continuerà fino a quando vorrai. Rose su rose,
ricchi premi e cotillons e non frenare, questo no. Ma no che la vita non
è qui, è più in alto di così ah, cosa dici, sì… ma no, di passato non
ne hai, di futuro non ne vuoi, ma di che mondo sei? Guarda più in là,
quanti amori non hai… amico sì, stare senza non puoi. Rose su rose e con
loro appassirai, resterai solo coi tuoi guai…”
Non so perché, ma quando ho letto la fucilata di Grillo al povero
Bersani (“Se il M5S vota la fiducia lascio la politica”), m’è venuta in
mente Rose su rose. Temo ci sia di mezzo un’altra volta la polizia del karma
e la sua, nota, ineluttabilità. Mina è una gran donna dotata, tra
l’altro, di un’esibizionistica misantropia che mantiene inalterato il
suo appeal. Appena l’irredento Beppe s’è tuffato fra Scilla e Cariddi,
qualche mese addietro all’inizio dello tsunami, lei l’ha letteralmente
frustato sulle chiappe.
“È vero, c’è qualcosa che fai esattamente come Mussolini, come
Stalin, come Mao, come Giannini ed è bere, dormire, mangiare e, orrore,
fare la cacca. Vorrei già richiudere l’oblo e impegnarmi a emulsionare
una buona maionese con le uova fresche, quelle dei giornali
precedentemente citati, appunto. Sarà meglio. Mi concedo solo un piccolo
momento per un’incazzatura. Che bassezza, la povertà di questa
iconografia da strapazzo. Le similitudini per la tua antidemocraticità,
per il tuo qualunquismo, per la tua voglia di reclamizzarti sono pezzi
disordinati di ineleganza, al limite del ridicolo. O della querela. Ne
vedremo delle belle, temo. Tu va’, dritto come un fuso. Corri Forrest,
corri…”.
Giddap! Nessuno però, neanche Mina credo, immaginava che Forrest Grillo arrivasse
al traguardo così primo, benché terzo, e così in fretta. Né che gli
altri fossero già così spompati: il primo troppo rintronato dal gong del
voto e dalle sue temibili ripercussioni
sui prossimi rintocchi di potere nel fortilizio rosso e il secondo
completamente a pelle di leopardo nel tentativo di evitare sbarre, gogna
e/o fuga. B&B, nati sotto il segno della Vergine, destinati a
salvarsi o suicidarsi. Sempre insieme.
“Più di così divertirti non puoi, amico si sei in alto e lo sai”, non
c’è ombra di dubbio. Ma quando arriva Bersani col cappello in mano, con
proposte che messe in fila (una volta riacciuffate all’italiano
corrente) fanno impallidire anche il girotondino più canuto e accanito,
siamo sicuri che sia saggio concedere l’ennesimo bis del celebre mantra
che l’ha coperto di “rose su rose”? Poi, certo, “tutti premi per te, non
aver dubbi sei un re”…
Sfanculare chi sta schiantando trent’anni di carriera politica e si
prende giornalmente sputi in faccia dagli altri e calci negli stinchi
dai suoi, per governare col M5S costi quel che costi: pagherà? Quando
mai Grillo, 100% a parte, si troverà più in una tale condizione, anche
psicologica, di forza? E mentre ballano i ballerini, tutta la notte e al
mattino, la nave Italia corre verso l’iceberg col 55% della gente che
ha problemi economici e cinque imprese su sei che temono di chiudere
bottega entro fine anno.
La verità è che dopo tanto pontificare di ‘democrazia della rete’,
nel momento esatto in cui Grillo ha risposto picche a chi gli chiedeva
di fare un referendum online per decidere se fare o no il governo con
Bersani (“perché il non-statuto non lo prevede”) è entrato nel Palazzo.
Membro onorario di quella partitocrazia che non prenderà la puzzolente
pecunia romana, visto che restituisce i rimborsi elettorali, ma che
mette l’interesse del suo non-partito davanti a quello dell’Italia.
Per sua fortuna la cresta dell’onda è ancora alta sull’orizzonte dei
sondaggi e degli umori nazionali, al solito creativi. “Alle ultime
elezioni ho votato per qualcuno che non mi piace! Voglio vedere il mio
Paese risplendere e non mi rassegno alla mediocrità della nostra classe
politica, sono un patriota, amo l’Italia”. Ha spiegato, serio, Lapo Elkann a Le Monde, dichiarandosi per il partito di un signore che sostiene, tra l’altro, il raddoppio del prezzo della benzina come eco-terapia d’urto.
Ma, a parte patetici appelli e sondaggi sfornati caldi dai soliti
noti (che proprio non ci stanno dentro), è ovvio che la baracca Italia
ha bisogno di essere governata, anche se fino a quando il precipizio non si profila nitido ognuno
ha una ragionevole quanto bizzarra ragione per pensare che tutto
s’aggiusta sempre. Hai voglia allora a strillare all’inciucio, se pure i
sassi capiscono che anche solo per tornare alle urne c’è bisogno di una
legge elettorale votata da una maggioranza parlamentare.
Così mentre Forrest e Merlino traccheggiano, fra pre-tattica e
terrore, l’ottimismo della ragione consente di scorgere, nelle bizze da
asilo del Pd, un sapiente gioco delle parti. Il segretario uscente e
perdente s’immola nella definitiva parte del vecchio di nobili principi e
riprende a farsi contestare dalla giovane speranza (ultima), che vuole
abolire il finanziamento pubblico ai partiti per “far pace con
l’Italia”.
Sarebbe un bel casino, infatti, se Renzi venisse acclamato dal
politburo a suon di battimani brezneviani. Invece è solo, come prima, e
fuori dal Palazzo. A differenza di Grillo, che c’è dentro fino al collo e
a ogni fanculo, a ogni aut aut, a ogni patetico appello
stracciato, a ogni azienda che chiude, rafforza l’Antivirus che lo
resetterà. Di qui alle prossime, imminenti, elezioni non ci sono solo i
suoi otto milioni e passa di voti, ma pure i quasi dieci di Berlusconi e
compagnia. E sono tutti uguali.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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