15 giugno 2011
NON SONO UNA SIGNORA
 “E neanche una blogger lesbica e sostenitrice della rivoluzione
araba. Mi chiamo Tom Mac Master e vengo dalla Georgia.” Potrebbe
cominciare così l’autobiografia di sicuro successo dell’uomo che ha
finto per quattro mesi di essere Amina, icona dell’illuminismo arabo in
Siria per tutti i fessacchiotti che ci sono cascati,
ed è stato capace di inventarsi una vita talmente interessante e
paradigmatica da catalizzare l’attenzione dei media di tutto il mondo e
di una cerchia di persone che si sono considerate sue ammiratrici,
sostenitrici, amiche, una addirittura la sua fidanzata.
Alla fine il buon Tom, in vacanza in Turchia con la moglie, si è
sentito in dovere di dire la verità e di scusarsi proprio con loro, gli
amici e le amiche di Amina, che l’hanno fatto sentire una sorta di ladro
d’affetto. Per darsi un contegno l’ha anche buttata in politica.
“Non mi aspettavo un livello di attenzione del genere – scrive -.
Mentre il personaggio era di fantasia, i fatti raccontati su questo blog
sono veri e non fuorvianti rispetto alla situazione sul campo. Io credo
di non aver danneggiato nessuno. Gli eventi vengono plasmati dalle
persone che li vivono su base quotidiana. Ho solo cercato di gettare
luce su di essi per un pubblico occidentale. Questa esperienza ha
tristemente confermato il mio modo di sentire riguardo alla copertura
spesso superficiale del Medio Oriente e la presenza pervasiva di forme
di Orientalismo liberale. In ogni caso sono rimasto profondamente
toccato dalle reazioni dei lettori”.
In realtà il cerchio intorno alla finta Amina si stava già chiudendo e la situazione è precipitata dopo le finte foto (segnalate
dalla proprietaria della faccia, inglese) e con la traccia lasciata su
un forum, il classico passo falso: l’indirizzo di una casa a Stone
Mountain, in Georgia. Da anni il proprietario risultava essere Thomas
MacMaster (che ci aveva pure invitato gli amici al barbecue su
Facebook). Non è un bel periodo per chi gioca al Luther Blissett o
comunque bisogna essere ancora più bravi di Tom e signora per reggere
più di quattro mesi, nel sontuoso lusso di prendere per il naso tutti i
New York Times del pianeta.
Nel suo articolo sul
blog del Corriere, Viviana Mazza punta i fari sull’apparente
contraddizione fra la sentenza fotografica di Peter Steiner (sopra), “Su
Internet nessuno sa che sei un cane”, e la teorizzata fine
dell’anonimato in Rete: “Su Internet tutti sanno che sei un cane”.
Secondo la sociologa Zeynep Tufekci, nell’epoca di Facobook&co non
si scappa più e in un modo o nell’altra la traccia di una grigliata alla
fine salta fuori. La vicenda dei coniugi MacMaster è un buon argomento
per l’una e per l’altra tesi: li hanno beccati, è vero, ma per tre mesi
hanno preso per il culo il mondo intero.
L'articolo (con foto) è stato pubblicato su The FrontPage.
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