23 febbraio 2011
TECNOBRIGATE
 “Alcuni sono insegnanti, impiegati,
studenti, ingegneri, dottori (per darti un’idea). Quindi, penso che non
siamo stati capiti. Noi non siamo reietti della società. Noi siamo te e
tu sei noi. Siamo uniti, uniti per i nostri scopi comuni, ma non so… se
siamo le nuove Nazioni Unite. Ma mi piace come suona, e sono certo che a
molti piacerebbe questo titolo. Ma non siamo…”. È il Corriere
che s’incarica di offrire una strepitosa tribuna a “uno degli attivisti
internet” di Anonymous, il gruppo diventato celebre per gli attacchi ai
siti di Visa, Mastercard e PayPal in difesa di WikiLeaks e,
recentemente, a quello del governo italiano ritenuto “una minaccia alla
libera espressione”.
“Anonymous combatte per la libertà. Vediamo
l’oppressione dei popoli come un attacco contro i diritti umani e la
loro libertà. Perciò combattiamo per tutti loro. Non importa se si
tratta di Wikileaks, l’Egitto, l’Iran, l’Algeria, eccetera. Siamo qui
per difendere i diritti umani e la libertà di parola in tutto il mondo.
Perché Anonymous non ha radici solo in un Paese, ma veniamo da tutto il
mondo e combattiamo per una causa comune.” Qualunque nodo della rete può
proporre un obiettivo al resto del gruppo, disseminato ai quattro
angoli del pianeta. Se la causa viene adottata tutti gli attivisti, come
l’intervistato @Anony_Ops, si muoveranno insieme per colpire il bersaglio, indipendentemente dalle opinioni “perché lavoriamo per il popolo.”
Dopo OpItaly, l’anonimo attivista di
Anonymous ha recensito OpIran. “Vogliamo mostrare agli iraniani che la
gente all’estero si preoccupa per loro e condivide i loro sentimenti.
Attaccando i siti del governo iraniano, stiamo protestando al fianco dei
nostri fratelli e sorelle iraniani.” E quando Viviana Mazzi, che ha
realizzato l’intervista sul Corriere via Twitter, gli ha
chiesto se la Rete non gli va un po’ stretta risponde che “sì,
personalmente sento che quello che sto facendo non è abbastanza e che
devo scendere in strada con altre persone per mettere in atto una vera
protesta, ma penso che non sia molto pratico andare ovunque queste
proteste stiano avvenendo.”
Anno di grazia 2011 (meno di ventidue mesi
all’apocalisse Maya): un pugno di anarchici smanettoni tiene in scacco a
mesi alterni le cancellerie del media-mainstream
internazionale (che anzi li vezzeggiano come vere rock star), seminando
il panico fra legioni di dignitari con la piuma sul cappello. Intanto la
polveriera del Medio Oriente sta saltando per aria davvero e il Maghreb
è in fiamme al grido di “libertà” e nel vuoto politico, tra il muto
terrore dell’Occidente. Orde di disperati si apprestano a varcare i
sacri bastioni di Lepanto come l’incubo realizzato di ogni Borghezio
d’Europa, a sentire gli apocalittici sermoni di tutti i Borghezio
d’Italia.
A leggere l’intervista all’anonimo attivista internet mi è venuto in mente Per chi suona la campana e le Brigate Internazionali,
attivisti di mezzo mondo che misero sul piatto la pelle per salvare la
democrazia spagnola dal colpo di Stato fascista del generale Franco.
Senza neppure l’aiuto di Facebook.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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