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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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5 marzo 2012
DALLA'S
“Ho lasciato i pantaloni in un cortile, ho perso anche una mano in un
vicolo, era un pomeriggio di aprile… gli occhi me li ha portati via una
donna grassa a forza di guardarla, le labbra le ho lasciate tutte e due
su un’altra bocca o su una fontana, che a essere prudenti non si tocca,
ma mi brucia come un vecchio fulminante… o muori tu, o muoio io… da
oggi Roma avrà un altro Dio… io me ne vado via… io me ne vado via…”.
La Roma di Lucio Dalla era Bologna. Per quasi tutti gli altri
cantautori che, per una ragione o per l’altra, sono associati alla
città, Bologna è stato un punto di arrivo (Guccini viene da Pavana,
Vasco da Zocca) oltre che un trampolino di lancio, per Dalla no. Era la
grande madre, la lupa, il sacco amniotico (fetale come l’intrico dei
suoi portici millenari) da cui scappare. Gli anni che
“siamo i gatti neri, siamo i pessimisti, siamo i cattivi pensieri, ma
non abbiamo da mangiare” sono gli anni del suo controcanto alla Bologna
paciosa, che si risveglia nel ’77 col morto per strada e i carri armati
in Piazza Verdi.
Certo,
“il cucciolo Alfredo avvilito, impaurito, con i denti da lupo tradito
si ferma un attimo e poi sale… si tratta di un giovane autobus
dall’aspetto sociale a biglietto gratuito, regalo di un’amministrazione
niente male…”. Ma poi “…nemmeno Natale è una sera normale, la gente con
gli occhi per terra prepara la guerra… c’è guerra nei viali del centro,
dove anche il vento è diverso, son diversi gli odori per uno che viene
da fuori…”. Bologna, Dalla l’ha raccontata da dentro perché l’ha vissuta
dal principio, da quando, da ragazzo, si aggirava davanti a San Petronio “per sentire gli odori dei mangiari e i discorsi della gente”.
Erano gli anni del jazz. Mio padre, che bazzicava una delle cantine
in cui si suonava (“quando non c’era qualcuno che aveva trovato da far
bene e si era chiuso dentro”), mi ha raccontato che Dalla spesso
s’imbucava e cominciava a strimpellare tutti gli strumenti con febbrile
talento (dopodiché veniva regolarmente cacciato, “andava per i cazzi
suoi, poi era più piccolo”). Erano gli anni della rinascita della città
di Dozza, dopo il fascismo e la guerra partigiana, della Bologna della
festa della matricola, delle Balle dei goliardi, in cui ci si
mangiava una lasagna alle quattro del mattino, da Lamma, e poteva
capitarti di andare a prendere Louis Armstrong alla stazione, con la
banda, e vedergli tirar fuori la tromba in mezzo al piazzale e
rispondere a tono.
Lo show sulla morte di Dalla sui media è diventato uno show sulla
Bologna dei giorni nostri, com’era inevitabile, con tutta la
stucchevolezza retorica del caso. I politici tutti in fila a smazzare
agenzie di stampa per uno che
“lo sa che al suo funerale ci saranno e diranno: è stata la colonna
sonora della nostra vita?” aveva sghignazzato ”una buona ragione per non
morire”. Di qui forse la paranoia della Cei di vietare
le sue canzoni al funerale, celebrato il giorno della sua nascita,
oltre che titolo di uno dei suoi pezzi più celebri e celebrati (4/3/1943).
È ovviamente una cazzata perché è vero che i bolognesi farebbero volentieri a meno della soap in
rampa di lancio (sabato al bar mi ha assalito un servizio di Studio
Aperto sul giallo del testamento e ho capito che ci siamo), ma la musica
non c’entra. Io non l’ho mai conosciuto, ma davvero
“sembra che Dalla avesse già pensato a tutto, immaginato tutto, cantato
tutto, perfino il momento preciso in cui si sarebbe girato e via.” Le
sue parole, ora che se n’è andato in fretta e furia senza darmi il tempo
di stufarmi, ci assalgono tutte insieme e attivano sinapsi di ricordi
ed emozioni di cui non avevamo memoria.
Dio, il messaggio, è musica per chi ha la fede: un insieme di suoni
che creano un’armonia. Nei tempi passati i cattolici erano più svegli.
Quando hanno inventato le campane, ad esempio, si sono assicurati per
secoli il dominio del tempo e tuttora se la giocano con sveglie,
cellulari, orologi e suonerie. Con i canti gregoriani si sono prodotti
in un esercizio di matematica sacra di rara abilità, del tutto simile
all’om, campionando a tonalità esponenziale la frequenza del delfino.
Oggi la musica di Dalla, poeta e credente nella Bologna “sazia e
disperata”, la tengono fuori dalla chiesa.
Le persone normali, invece, celebrano proprio quella, la musica. Su
Facebook un amico taxista, bolognese, mi ha chiesto se poteva prendere
in prestito una mia citazione di Treno a vela
– “Quanto costa una mela? Costa un sacco di botte! Se mi faccio
picchiare un pochino la darebbe al bambino…?” – perché “cazzo l’ho
ascoltata troppe volte”. Un altro, napoletano, invece mi ha scritto che
“c’era una sua canzone, che una volta mi facesti sentire nella tua
macchina, ma di cui non ricordo il titolo, che definisti “il comunismo”…
la trovi?”. È quella con cui ho aperto l’articolo, e finisce così:
“… Dove chiudendo gli occhi senti i cani abbaiare, dove se apri le
orecchie non le chiudi dalla rabbia e lo spavento ma ragioni giusto
seguendo il volo degli uccelli e il loro ritmo lento… dove puoi trovare
un Dio nelle mani di un uomo che lavora e puoi rinunciare a una gioia
per una sottile tenerezza, dove puoi nascere e morire con l’odore della
neve… dove paga il giusto chi mangia, chi beve e fa l’amore… dove, per
Dio, la giornata è ancora fatta di ventiquattr’ore e puoi uccidere il
tuo passato col Dio che ti ha creato, guardando con durezza il loro
viso, con la forza di un pugno chiuso e di un sorriso e correre insieme
agli altri ad incontrare il tuo futuro… che oggi è proprio tuo e non
andar più via…”.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. "E non andar più via" l'ho presa qui.
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21 maggio 2011
"PISAPIA HA MESSO ZIZZANIA TRA I BEATLES"
“Pisapia volò sul nido del cuculo”, “Pisapia è apparso alla Madonna”,
“Pisapia è il padre di Charles Manson”, “Pisapia rubava gli stemmi
delle automobili Mercedes e Renault per farsi le stelle a 5 punte”,
“Pisapia guida solo se ha bevuto almeno una bottiglia di Jack Daniels”,
“Pisapia lecca tutta la crema dai ringo, e poi richiude il pacchetto”,
“Pisapia caga per strada dando la colpa ai cani”, “Pisapia imbottisce
gli slip con l’ovatta”, “Pisapia è stato battezzato da Marilyn Manson”,
“Pisapia ti fa format:\c sul tuo pc”, “Pisapia ha passato la roba alla
Gelmini. Poi lei ha scritto la riforma”, “Pisapia ha offerto il primo
tiretto a Morgan”, “Pisapia ha fatto pubblicare una raccolta di sudoku
sbagliati”, “Pisapia costudisce il segreto della Campana di Bronzo, è
pronto ad invadere la terra a capo del popolo Yamatay”. “Pisapia è una
scia chimica prodotta dal signoraggio che ha complottato un attentato
alle torri gemelle per inscenare la morte di Paul McCartney”, “Noi siamo
PISAPIA. Sarete assimilati. Ogni resistenza è inutile”.
“Pisapia ha comprato il primo petardo a Unabomber”, “Pisapia scrosta
le opere esposte alla pinacoteca di Brera”, “Pisapia bara al
fantacalcio”, “Pisapia annusa la maglia sotto le ascelle per capire se
la può mettere il giorno dopo”, “Pisapia accende le candele in chiesa e
non la lascia l’offerta”, “Pisapia si frega la patatina + rossa del
sacchetto delle Più Gusto”, “Pisapia attaccava le caccole sotto il
banco”, “Pisapia ha usato la sacra sindone come accappatoio”, “Pisapia
respira elio alle conferenze solo per dare fastidio con la voce”,
“…Pisapia è Keyser Söze…”, “Pisapia è quello che si mangia tutti i
canditi del tuo panettone”, “Pisapia è punk”, “Pisapia scalda le monete
con l’accendino e poi le da come elemosina agli zingari”, “Pisapia
quando si traveste da mimo.. parla”, “Pisapia tiene occupati i parcheggi
con le sedie“, “Pisapia si procura piacere strusciandosi sull’eternit”,
“Pisapia è il produttore di Richard Benson!”, “Lo sceriffo di Sherwood
era un antenato di Pisapia”, “Pisapia portava i film pormo a Bin Laden”,
“Pisapia ha messo zizzania tra i Beatles”, “Pisapia ha scritto il
finale di Lost”, “Pisapia ha fatto sciogliere i Litfiba. Poi, non pago,
li ha fatti rimettere insieme!”, “Pisapia scarica da internet i tuoi
cd…”.
“Pisapia ha appena accettato l’amicizia con Maria De Filippi”,
“Pisapia mette il dito tra moglie e marito”, “Pisapia è nato in Kenia e
non può essere eletto”, “Pisapia spende tutta la paghetta in figurine e
liquirizie”, “Pisapia picchia i bambini con gli occhiali”, “Pisapia
organizza Happy Hour sui marciapiedi”, “Pisapia tocca le tette alle
Barbie”, “Pisapia durante i compiti in classe faceva scudo con
l’astuccio per non far copiare i compagni”, “Pisapia paga i conti con i
gettoni telefonici”, “Pisapia si è impossessato di Mike Bongiorno”,
“Pisapia ha messo il proiettile vero nella pistola che ha ucciso Brandon
Lee. Pisapia ti odio”, “Pisapia tiene occupato per ore l’ascensore
quando devi portare a casa la spesa, e prima di uscire ci scorreggia
dentro”, “Pisapia finisce la nutella e la spalma sui bordi del vasetto
per farlo sembrare pieno!”, “Pisapia ha clonato il cellulare di Lele
Mora”, “… Pisapia riesce a caricare FIFA 2011 sul Commodore 64…”,
“Pisapia è lo stilista di Lady Gaga”, “Pisapia è l’uomo tigre”, “Pisapia
vieterà l’uso dei fiocchi intercambiabili sulle Lelly Kelly… attente
bambine!”, “Pisapia è il direttore occulto del Fatto Quotidiano”,
“Pisapia caga sulle piste ciclabili”, “Pisapia è
supercalifragilistichespiralidoso”, “Pisapia altri non è che il malvagio
imperatore Zurg”, “Pisapia è Voldemort“, “Pisapia ha ucciso Laura
Palmer”, “Pisapia è un apostrofo rosa tra le parole Red e Ronnie”.
“Primo esempio del vento che sta cambiando a Milano: cancellato
LiveMi di sabato 21 maggio, in Galleria del Corso. Era l’inizio di
LiveMi 2011 (che se vincerà Pisapia sarà cancellato dai progetti del
Comune). Dava spazio a gruppi e artisti emergenti che potevano esibirsi
con brani propri. In compenso Pisapia sta pensando a un megaconcerto con
Jovanotti, Ligabue e Irene Grandi. Per dare voce a chi non ce l’ha”.
Questa è la causa prima dello tsunami di messaggi (migliaia, sopra c’è
solo una selezione sbrigativa) che ha investito la mansueta pagina Facebook di Red Ronnie,
presentatore tv e collaboratore del sindaco Moratti, che ha tentato un
po’ goffamente di difendersi appellandosi alla solita provocazione
“perché è il prefetto che ha deciso. Perché quelli di Pisapia mi hanno
già detto che se vinceranno, non riconfermeranno più la manifestazione
che organizzo”.
La cazzata del povero Red Ronnie è stata il “la”, l’ispirazione, il
pretesto liberatorio che mi ha confermato, se mai ce ne fosse stato
bisogno, la superiorità morale di mezz’ora di risate. Che hanno
seppellito le tigne di Berlusconi&Co e reso ancora più rock star il
capo dell’orda di “terroristi”, “tossici”, “zingari” e “puzzoni”, alla
conquista della capitale morale d’Italia.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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13 ottobre 2010
THIS IS NOT AMERICA
“Un po’ Renzi, un po’ Vendola”. Secondo il suo entourage
questo è il ritratto di Benedetto Zacchiroli, neo candidato sindaco
alle elezioni primarie del centrosinistra bolognese, che si accinge a
sfidare il folk-runner Maurizio Cevenini, sostenuto dalla maggioranza di elettori e notabili –
indecisi a tutto – del Pd ancora sotto choc dopo le dimissioni di
Delbono, e Amelia Frascaroli, ex braccio destro di Don Nicolini alla
Caritas, esponente di spicco del cattolicesimo più impegnato dalla parte
degli ultimi, stimatissima candidatura di bandiera (e, eventualmente,
perfetto vicesindaco).
Dopo l’abbandono a sorpresa di Duccio Campagnoli (ex segretario della
Camera del Lavoro di Bologna, ex assessore alle attività produttive
della Regione e, in altri tempi, candidato naturale dell’establishment
politico ed economico, almeno tra quelli in partita), a tentare di
rompere le uova nel paniere è, naturalmente, il classico “giovane”
candidato di rottura. Zacchiroli ha 38 anni e, a parte i girotondi, è
stato collaboratore dell’ex sindaco Cofferati (ha curato le relazioni
internazionali di Bologna) e ora è consulente della città di Fortaleza
(in Brasile) e dell’Unesco.
La mossa di Zacchiroli è stata architettata sin dall’inizio come
un’azione virale capace di cortocircuitare a proprio vantaggio la fame
di news delle gazzette cittadine e la debolezza del fu partitone. Tutto è
iniziato dallo slogan di un volantino distribuito alla Festa dell’Unità:
“il candidato alle primarie non cev” (con chiara allusione a Cevenini),
definito dall’autore (con poco senso della misura) “un gesto dadaista”.
Da lì è partito il mistero medatico-politico sul “nuovo candidato” (il
sito senza nome, le indiscrezioni), orchestrato dallo staff di
Zacchiroli (che smentiva di essere lui nonostante tutti quanti lo
sapessero). Il letargo della ragione ha fatto il resto e alla fine della
fiera Zacchiroli è stato incoronato “nuovo Renzi bolognese” da Lucio Dalla in persona.
Si dice: la politica si sta personalizzando, come negli Usa. Negli Stati Uniti, in queste ore, in occasione delle elezioni di mid-term sta andando in onda una vera e propria guerra degli spot – dalla strega O’Donnel al “governo sulle spalle”, passando per Dan il Talebano e le performances di Palla di Cristallo (si chiama davvero Krystall Ball)
– che sembra aver confinato ancora di più la politica a variabile
dadaista dello show (il calo di fiducia nei confronti di Obama e lo show
mediatico dei Tea Party contribuiscono a infiammare il clima). Ma
sempre negli Stati Uniti, e sempre nelle stesse ore, una radio pubblica –
NPR – ha pubblicato sul proprio sito The Message Machine, una sezione ad hoc per verificare le bugie contenute negli spot. Senza sconti per nessuno.
"This is not America" di David Bowie è qui. L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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