13 aprile 2013
B COME BALLE
“Non ti
ho tradito. Dico sul serio. Ero… rimasto senza benzina. Avevo una gomma a
terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva
portato il tight. C’era il funerale di mia madre! Era crollata la casa!
C’è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è
stata colpa mia! Lo giuro su Dio!”
Chissà perché ma quando mi è capitato per le mani il volantino del Comitato “B come Bologna”, ribattezzato “B come Bambini” dal sindaco Merola con la grazia di una bombarda, mi è venuto in mente John Belushi.
Sporco fino agli occhi, nella fogna, che si butta in ginocchio ai piedi
della sua ex promessa sposa che ha mollato sull’altare (l’indimenticata
Principessa Layla di Guerre Stellari).
“Se voti
A: verrà abolito il contributo economico alle scuole paritarie
convenzionate, circa 600€ a bambino all’anno… I gestori saranno
costretti ad aumentare la retta annuale di almeno 600€… Questo
provocherà un significativo calo degli iscritti, oltre 400 famiglie, da
subito, abbandoneranno le scuole “paritarie non più convenzionate” e
andranno ad infoltire le liste d’attesa delle scuole comunali e statali.
Con i soldi non dati alle scuole convenzionate il Comune non sarà
assolutamente in grado di dare un posto a tutti…”
Esticazzi
se è un referendum consultivo. Il Pd di Bologna da qui al 26 di maggio
pare non abbia di meglio da fare che andarsene in giro per circoli e
periferie a tentare di convincere operai, casalinghe, pensionati, ex
partigiani, studenti, volontari delle Feste dell’Unità e delle Case del
Popolo, gente che ne ha mandate giù parecchie anche qui ultimamente, che
si, alla fine dei conti, sborsare un milione di euro all’anno alle
scuole private è cosa buona, giusta e inevitabile. Sennò arrivano le
cavallette.
E pace se
c’è la crisi, le scuole pubbliche cadono a pezzi, le liste d’attesa ci
sono lo stesso e il milioncino viene gestito ogni anno in toto dalla
misteriosa Federazione Italiana Scuole Materne, che dietro l’asettico
acronimo FISM
è una roba così: “Oltre le necessarie qualità professionali esigite
dalle leggi civili, l’insegnante dovrà: a) possedere una solida
conoscenza della visione cristiana dell’uomo e della dottrina della
fede; b) accogliere con docile ossequio dell’intelligenza e della
volontà l’insegnamento del Magistero della Chiesa; c) vivere
un’esemplare vita cristiana”.
Pazienza,
pure, se 250 euro e passa al mese di retta (in media) non sono
esattamente a buon mercato: più del doppio della scuola pubblica (dove
si pagano solo i pasti). Il gioco deve valere così tanto la candela da
piazzarci il marchietto del Comune (cosa, credo, senza precedenti) sul
sito internet del comitato “B come Bologna” contrapposto a quello dei
cittadini, “Articolo 33”.
Avanti coi carri, dunque, ora che l’unico cavallo rimasto in pista si
chiama Matteo Renzi, è cattolico, e il suo (ex?) spin doctor pare abbia
preso a cuore la madre di tutte le battaglie di ogni Don Camillo.
Eppure di questi tempi
andare a raccontarla ai propri elettori, sempre più sinistramente
simili all’ex fidanzata di Jake Blues, ci vuole un gran bel fegato.
Anche perché c’è la possibilità che molti di loro si siano trovati, come
me, ad avere a che fare con qualcuna di queste scuole paritarie che,
figurarsi, di certo ce n’è delle bellissime. In quella a cinque minuti a
piedi da casa mia però, nella Romagna profonda, fanno pregare i bimbi
di tre anni due volte al giorno e dentro sembra di stare al mausoleo.
Dal sito
Internet abbiamo pure scoperto che, a parità di punteggio, entrano “i
figli o nipoti in linea retta di soci dell’Asilo”. Lo dice il regolamento, non il gossip di paese, c’è da fidarsi. Beccano anche un sacco di soldi
da tutti, Comune, Provincia, Regione, la retta è il triplo di quanto
spendiamo alla statale (dove con quattro soldi si sbattono per mettere
in piedi una didattica ricca e creativa), ma in compenso è pieno di
bagni. Mai visto tante Madonne, santi e cessi tutti in fila: non meno di
un water ogni tre fanciulli.
E mentre
mi rigiravo per le mani “B come Bologna, più scuole per tutti”,
rimuginavo sul rinnovato matrimonio tra il Pd cittadino, la curia, il
baronato e tutti i presunti poteri forti, coronato da due ali di
battimani sincronizzati di Pdl, Lega e Udc. Proprio mentre l’esploratore
Bersani si faceva infilzare come un tordo da Grillo e pur di evitare
l’abbraccio con l’Impresentabile si lasciava corcare in streaming senza
pietà.
In quel
preciso momento il Pd di Bologna ha deciso, a freddo, di tirarsi
un’atomica a sinistra lasciando da lì in avanti una prateria al
Movimento 5 Stelle, che infatti ha già cominciato
a fare quello che gli viene meglio: mettere il cappello sullo
sbattimento di movimenti e associazioni assortiti. Per poi oscurarli (di
solito son litigiosi e disorganizzati, si squagliano in fretta) e
trasformare il conflitto in voti. Che si tengono tutti per loro.
Bologna,
in fin dei conti, è sempre stata un laboratorio politico per la
sinistra. Perché non dovrebbe esserlo pure nell’ora dell’estremo trash?
Quindi delle due una: o Bersani bluffa e la via crucis con Grillo è
stata una tragicomica gag alla Crozza, buona per andare a veder le carte
del compare astrologico e tentar poi insieme l’omicidio bipartisan di Renzi. Oppure no: in entrambi i casi al Pd tira aria di estinzione. E dare in pasto la scuola pubblica non li salverà. Né dagli altri né, soprattutto, da sé stessi.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. "Mi sono rotto il cazzo" degli Stato Sociale è qui.
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2 marzo 2011
IL CORPO È MIO
“Incontro riservato tra il presidente del Consiglio e il cardinale
che ha chiesto e ottenuto garanzie su biotestamento, scuole cattoliche e
adozioni. Gli spauracchi delle gerarchie: «Fini ha nominato Della
Vedova capogruppo, Casini è troppo debole, «il Pd premia i gay e pensa
ai Pacs»”. Considerata la coincidenza tra dietrologie
e recenti dichiarazioni pubbliche, suona tristemente plausibile che il
premier pensi di risolvere il gap d’immagine presso l’elettorato più
benpensante, causato dalle note vicissitudini politico-gossippare, con
un classico do ut des. Tolleranza privata in cambio di intolleranza pubblica.
Niente di nuovo o di particolarmente scandaloso, specie se a
scandalizzarsi è un’opposizione che su questi temi ha visto morire sul
nascere partiti, coalizioni e programmi di governo. La legge sulle
coppie di fatto dell’ex governo Prodi (poi abortita) ha cambiato
talmente tanti nomi, loghi e contenuti da diventare una delle
barzellette più macabre della precedente legislatura, assieme alle
imprese di Mastella & De Magistris, alle manifestazioni dei ministri
contro lo stesso loro governo e alle piantine di marijuana piantate da
Caruso sul terrazzo della Camera dei Deputati (l’unico atto politico
degno di questo nome di Caruso che si ricordi).
Una cosa però è fare il tifo per il ritorno dell’Elefantino in tv (è
buona norma parteggiare per le persone intelligenti per partito preso,
indipendentemente dal loro, finché si parla di tv), altra è non rendersi
conto che se al Berlusconi bollito
resta soltanto la sponda clericale nuda e cruda, per giunta senza
margini di trattativa su nulla, è un problema per questa Italia. Il
rischio è di due tipi: prosecuzione dello stato yemenita in tema di
diritti civili delle persone di orientamento sessuale diverso da quello
maggioritario, restrizione della libertà di cura e ricerca e
dell’arbitrio sul proprio corpo. Dell’ultima parola.
In sostanza la posta in gioco, per l’ennesima volta da qualche secolo in qua, è l’habeas corpus.
Ferrara e la sua truppa di teo-dadaisti di belle lettere possono
infiorettare paginate intere di artifici retorici e minuetti linguistici
ma la faccenda non cambia. Chi decide, in ultima istanza, sul proprio
corpo? Chi decide che, in base al sesso che preferisco fare, posso
ereditare la casa dal mio compagno/a oppure andarlo a trovare
all’ospedale senza sperare nella clemenza del medico di guardia? Chi
decide come e quando devo morire?
Se la risposta a queste domande è lo Stato (per conto di Dio, della
Ragione, della Pachamama, di Maometto o Visnù poco importa) significa
che io non sono padrone fino in fondo del mio corpo. La rivoluzione
sessuale ha reso scontato un concetto che prima non lo era affatto,
l’affermazione del dominio individuale sul corpo, e l’ha fatto
rileggendo Wilhelm Reich,
un genio del Novecento che dava scandalo sostenendo, contro il fascismo
rosso e nero, che non si poteva essere liberi del tutto se non lo si
era sessualmente.
Reich si scagliava anche contro la pornografia seriamente indiziata
della “peste emozionale” che pian piano trasforma le persone nelle
corazze che si sono costruite a partire dalle proprie ossessioni,
sessuofobia inclusa. Su di lui non ci sono più dibattiti alle
occupazioni come nel ’68 e invece che di liberazione sessuale la
sinistra si occupa del lettone di Putin, ma per qualcuno
l’allievo di Freud, morto in carcere negli USA nel 1957 dopo che la
Food & Drugs Administration gli aveva bruciato i libri in piazza
(come i nazisti e l’Inquisizione), è ancora il totem della propria
ossessione. “La pornografia moderna è figlia di Reich il quale afferma
che tutti i mali della storia derivano dalla repressione sessuale, la
cui massima responsabile ovviamente sarebbe la Chiesa Cattolica.”
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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