19 novembre 2012
KARMA POLICE
“La vita sulla Terra, come la conosciamo, non sarebbe possibile
senza la protezione esercitata dal campo magnetico. Secondo studi
recenti la magnetosfera sarebbe interessata da un processo
d’indebolimento. Si tratta di un processo lento, ma progressivo”. Non è il solito buco web di untorelli new age (il capovolgimento dei poli magnetici era uno dei must apocalittici in vista del 21/12/2012) ma un comunicato dell’Esa, l’Ente spaziale europeo, che sta lanciando una nuova missione per capire che diavolo sta succedendo: “nei prossimi anni il campo magnetico potrebbe arrivare a un punto di non ritorno, a un livello mai conosciuto dall’uomo”.
A un mese dalla fine del calendario Maya, tutto si può dire fuorché
il mondo scoppi di salute. Con gli occhi ancora colmi delle immagini
della capitale dell’Occidente, sfregiata dagli elementi nell’intimo dei
suoi muscoli architettonici lanciati contro il cielo, la puzza di guerra
che arriva dal Medio Oriente lascia presagire un Natale all’insegna del
terrore. Allo strazio delle vittime e alla disperazione dei bambini
ebrei e palestinesi si aggiunge la paranoia di una guerra vera, con
Israele da una parte, il mondo arabo dall’altra e alcune testate
nucleari (vere e presunte) in mezzo.
Tutto questo dopo che il segretario di stato Usa, Hillary Clinton, ha
annunciato la propria indisponibilità a ricoprire l’incarico nel nuovo
governo di Obama. Gli occhi di tutto il mondo sono ancora una volta
puntati su di lui, l’uomo del discorso del Cairo. Il Papa Nero è stato
appena rieletto, non certo in pompa magna come hanno raccontato con consueta cialtronaggine paesana dalle nostre parti, ma pur sempre con un margine molto superiore ai pronostici della vigilia, sia nel voto nazionale che tra gli stati grandi elettori.
Naturalmente sono tante le ragioni della vittoria di Obama, a partire
dall’inadeguatezza goffamente robotica del suo avversario, ma fra tutte
spicca l’operazione Chrysler. Sergio Marchionne, il nemico giurato
della sinistra italiana, è stato il protagonista dell’evento più atteso
dalla sinistra worldwide: il beniamino dei liberal di
tutto il mondo rieletto presidente grazie al salvataggio di Stato del
colosso dell’auto americana, con i lavoratori a metà stipendio e il
plauso unanime del sindacato.
In coincidenza con la fine del calendario Maya, o forse per via della
perdita di vigore della corazza naturale del magnetismo terrestre, che
impedisce alla Terra di trasformarsi in un Marte o in una Venere, pare
che la polizia del karma si stia incaricando di recapitare i suoi
paradossali verdetti con crescente impazienza. Non solo il Papa Nero made in Fiat, dunque, ma una serie di piccole scorribande di riequilibrio karmico che sembrano proprio non poter aspettare oltremodo.
“Milano è un villaggio. Tutti sapevano tutto di tutti. Lui arrestava,
istruiva processi-bomba, percorreva in favore di telecamere corridoi
fatali accompagnato da avvocaticchi con i quali concordava l’uscita
degli arrestati dalle camere di sicurezza in cui si riscuoteva con la
paura del carcere la confessione, ma già si sapeva tutto di quel
coraggioso magistrato in carriera politica. Si sapeva che non era uno
stinco di santo, che le sue cadute di stile erano piuttosto pesanti, che
il tout Milan era pieno di gente di denari che aveva
avuto rapporti spuri con l’ex poliziotto laureato di fretta e messo lì a
fare da battistrada dei professorini dell’anticorruzione del pool, si
sapeva quel che è venuto fuori pubblicamente dopo, e cioè che aveva
avuto rapporti inconfessabili con un pezzetto dei servizi diplomatici (e
altro) americani, che la sua storia di pm antipartito era la storia
stessa di come veniva calando la cortina di ferro della guerra fredda.”
Il prosaico cade male, nella strapaesana italiana cosiddetta Terza repubblica (in fieri). La faccia di Di Pietro, davanti alla gendarmeria della “commissaria Gabanelli”, come la chiama Giuliano Ferrara nel suo articolo definitivo,
sembrava proprio quella del “mariuolo” di craxiana memoria colto con le
mani nella marmellata. Sadicamente, ma non troppo, in diversi hanno
rievocato la bavetta di Forlani, in aula al processo Enimont: la
giustizia infatti non solo (o non tanto) è uguale per tutti. Ma è –
soprattutto – equilibrio.
E una volta che si mette in moto, il processo di assestamento non si
arresta sino a quando non c’è un equilibrio nuovo. Così capita di
assistere alla triste parabola discendente dell’ex Caimano dei caimani,
ridotto a mitragliare a salve, a giorni alterni, il governo in carica e a
ritrovarsi puntualmente svillaneggiato dai giornali (che un tempo non
troppo lontano lo onoravano di una demonizzazione a nove colonne) a pié
di pagina, in angoletti troppo angusti per l’ipertrofico ego che scalcia
ancora dai titoli.
Oppure di scoprire che dopo tanto bla bla rottamatorio, tra i
“Fantastici 5” candidati alle primarie l’unico che azzarda qualcosa di
politico (la riforma fiscale capace di assorbire l’evasione = mettere i
cittadini in contraddittorio finanziario = fare scaricare tutto a tutti)
e scalda i cuori della sinistra del web
si chiama Bruno Tabacci, ha centotrentacinque anni ed è un cazzuto di
democristiano. Quelli che l’hanno capito per primi, gli agenti segreti
della karma police, sono i Marxisti per Tabacci. Normale, poi, che il compagno Bruno sbugiardi le velleità nuoviste del giovane turco Renzi, menandogli calci negli stinchi per tutta la pallosissima versione-primarie dell’X Factor di Sky.
Il pallido Matteo ormai arranca palesemente e certo non aiuta che due
tra i suoi economisti di riferimento – Alesina e Zingales – abbiano
dichiarato di sostenere Romney. Un amico di tFP, pochi giorni
prima del voto, mi ha scritto che “Obama è diventato lo spartiacque fra
buoni e cattivi”. L’hanno spiegato anche a Renzi? Intanto Casaleggio,
Grillo & associati, liberati ormai dallo stereotipo dei liberatori e
ventre a terra nelle purghe d’autunno, continuano a scavare
indisturbati, lasciando agli esodanti il continuo rimpallo della propria inconcludenza. Manco la legge elettorale sono riusciti a cambiare.
Per quadrare il cerchio, infine, il rottamator cortese si è candidato segretario
del Pd, in Lombardia hanno candidato a furor di partito l’ennesimo
“civico”, di sicuro spessore ma conosciuto dal grande pubblico solo per
il tragico lutto (continuare a tirare in ballo orfani e vedove oltre a
essere macabro e patetico inizia a risultare avvilente), che per prima
cosa ha tentato di abolire le primarie e Crocetta neo-presidente della
Sicilia ha annunciato Franco Battiato neo-assessore alla cultura. Quello di “mandiamoli in pensione i direttori artistici, gli addetti alla cultura”. Addavenì.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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30 novembre 2010
È LA RETE, BELLEZZA
“È altissimo il costo delle utopie regressive, quei ghirigori
tracciati sull’ordito della storia umana allo scopo di restaurare uno
stato edenico, riaprendo le porte del paradiso terrestre per ricondurre
il nostro ceppo a prima del morso della mela e a prima della cacciata.
Wikileaks, ambigua e affascinante associazione bloggistica che scherza
con il fuoco ormai da anni, nella pretesa di tutelare il mondo
dall’oscurità di motivazioni e comportamenti dei governi (“we open
governments” il loro slogan), è l’ultima incarnazione di questa idea che
la politica possa essere comunionale e paciosa, priva di contraddizioni
e conflitti, esente dal dovere del segreto e del doppio linguaggio
(soprattutto in diplomazia e nei sistemi di difesa e di attacco).”
Il limite del consueto ragionar politico è tutto qui. Come se il fenomeno WikiLeaks
condividesse anche solo una frazione delle categorie concettuali con
cui solitamente s’incasellano movimenti, tendenze e rivoluzioni. Nessuno
strumento di decodifica a disposizione, al contrario, è stato in grado
di fornire a politici, cattedratici e giornalisti la chiave
interpretativa per capire fino in fondo “l’11 settembre della
diplomazia”, com’è stato definito il mega-scoop planetario messo a segno
dal sito di Julian Assange.
Non c’è nessun Afghanistan da invadere/liberare, nessuna guerra santa
contro l’Occidente e, soprattutto, nessuna trattativa in corso.
“Ti offro la verità, niente di più”, diceva il Morpheus di Matrix
a un Keanu Reeves piuttosto accigliato e così Assange. Forse la
percezione che sia stato varcato un punto di non ritorno sta cominciando
a serpeggiare e i tradizionali bastioni del potere, che si reggono da
sempre sull’asimmetria di verità rispetto alla gente normale,
devono aver passato proprio un brutto quarto d’ora. E se lo status
continuasse ad assottigliarsi? E se l’asimmetria si finisse per
ribaltare?
Ironia della sorte, il colpo di WikiLeaks avviene negli stessi giorni in cui uno dei padri della Rete, Vinton G. Cerf ha annunciato che, di qui a otto mesi, su Internet ci sarà il tutto esaurito (4,3 miliardi di varchi d’accesso raggiunti) e durante il primo suicidio virtuale
di star a scopo benefico. Justin Timberlake, Serena Williams, Lady Gaga
staccheranno la spina ai propri avatar su Facebook e Twitter e solo le
donazioni per i bimbi malati di Aids riusciranno a farli tornare in
vita. Ci vuole del coraggio, di questi tempi, a pensare di essere più
potenti della Rete o forse è solo la metrica della potenza a essere
cambiata e le rock star dei social network e gli hacker rivoltosi
contano più di legioni di dignitari, con la piuma sul cappello.
Così nel sondaggio
di Corriere.it, nonostante la domanda “La Casa Bianca scrive ad
Assange: ‘Le rivelazioni di WikiLeaks mettono in pericolo vite umane.
Non pubblicatele’. Sei d’accordo?”, il 45,6% dei lettori riesce a
rispondere “no”. L'articolo è stato pubblicato su The FronPage.
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