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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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4 aprile 2012
DROGARSI MENO, DROGARSI TUTTI
“Io oggi ho cambiato idea, nel senso che penso che dopo i
cinquant’anni dev’essere lecito fumare la marijuana…”. Un po’ come i
preti dell’Anno che verrà di Dalla che “potranno sposarsi ma
soltanto a una certa età”, per Giuliano Ferrara l’età giusta (e lecita)
per cominciare a farsi le canne è dai cinquanta in avanti. La battuta,
ennesimo siparietto di un interminabile duello con Pannella a Radio Radicale, ha il suo perché.
Forse per il conservatore Ferrara, che da studente comunista ha fatto
una tesi su Leo Strauss e si è trovato così avvantaggiato rispetto ai
neoconservatori arrembanti “che dovevano comprarlo su Internet perché in
libreria non si trovava” (rievoca durante la tenzone l’arbitro Bordin),
non sono i giovani che hanno bisogno di sedativi naturali, ma i vecchi.
E visto che è noto – alle persone di buon senso – che psicofarmaci e
alcol siano una consolazione anche peggiore, meglio le canne.
Sulla marijuana il dibattito si è riaperto dopo la pubblicazione, lo scorso anno, del rapporto della Global Commission on Drug Policy delle
Nazioni Unite. “La guerra mondiale alla droga ha fallito con devastanti
conseguenze per gli individui e le comunità di tutto il mondo. Le
politiche di criminalizzazione e le misure repressive – rivolte ai
produttori, ai trafficanti e ai consumatori – hanno chiaramente fallito
nello sradicarla. Le apparenti vittorie nell’eliminazione di una fonte
di traffico organizzato sono annullate quasi istantaneamente
dall’emergenza di altre fonti e trafficanti”.
Qualcuno potrà pensare di assistere all’esibizionismo post moderno di
una qualche bislacca adunata di fricchettoni lautamente stipendiati
dall’Onu: sbagliato. Ai lavori della Commissione hanno partecipato
alcuni tra i protagonisti della fallimentare politica proibizionista su
scala globale: l’ex presidente dell’Onu Kofi Annan, Ferdinando Cardoso,
George Schultz, George Papandreu, Paul Volcker, Mario Varga Llosa,
Branson.
Ora, secondo loro, bisogna “sostituire la criminalizzazione e la
punizione della gente che usa droga con l’offerta di trattamento
sanitario, incoraggiando la sperimentazione di modelli di legalizzazione
e rompere il tabù sul dibattito e sulla riforma”. Nientemeno. Un po’
come ha fatto, qui al bar senza birra,
Alfonso Papa nel suo coraggioso articolo sull’antiproibizionismo,
forgiato nei giorni della privazione della sua libertà per motivi
politico-giudiziari a me francamente incomprensibili.
“Mi sono rotto il cazzo che se vince la sinistra vince la droga e mai
che mi invitino a un festino. Mi sono rotto il cazzo del più grande
partito riformista d’Europa, dal facciamo quadrato nel grande centro,
dei girotondi, del partito dell’amore, del governo ombra…”.
Per fortuna che c’è Lo Stato Sociale, scoperto su FrontPage
come karma comanda (avevo appena finito di maledire i cinquantenni
quando questi maledetti giovani, usciti a mia insaputa dalla “mia” radio
bolognese, hanno fatto irruzione nella mia tardo-trentennale
quotidianità). Tocca ai ventenni come loro trovare le parole.
“Il Partito negli ultimi vent’anni è andato a puttane come il re, e
come il re ha iniziato ha sparare, e con il re tornerà sifilitico col
colpo sempre in canna per la gioia di ogni massaia drogata.” Anche per
le canne dev’essere la Cassazione o
un Alfonso Papa di passaggio, o il solito Pannella o Ferrara “ma
soltanto a una certa età” e non, mai, un cazzo di leader del Pd a
mettere nero su bianco che coltivare una pianta di marijuana “non mette
in pericolo il bene della salute pubblica o della sicurezza pubblica”.
Non più di un tavor o del nocino della nonna.
E in California, Svizzera o Israele dove con una ricetta del medico
ti danno la marijuana in farmacia, perché è noto che funziona per le
terapie contro il dolore, l’anoressia, le malattie neurodegenerative
come il Parkinson, l’epilessia? Dice, ma qui c’è la Chiesa, il Papa, la
Dc, le cavallette e allora ciccia, lasciamo stare: facciamo un bel
dibattito sulla legge elettorale. Sarà meglio maggioritaria o
proporzionale, o magari tutte e due? C’è da fare quadrato nel grande
centro, bisogna dirlo ai giovani.
“Abbiamo vinto la guerra e non era mica facile e già che avanzavano
cartucce siamo rimasti per vincere anche la pace, ma lei si è arresa a
tavolino e siccome che c’era il tavolino poi sono arrivate le bottiglie:
quelle le han portate gli amici del sindacato.”
Precari o disoccupati, eterni studenti senza pensione, condannati al
fancazzismo dal futuro nebuloso, senza famiglia se gay, in galera per
una canna. Su internet, all’estero, in campagna o con una canzone: la soluzione è la diserzione.
“E meno male che c’è la salute che se non ci fosse bisognerebbe
inventarla. D’altronde che c’è di più bello della vita e io l’ho vista
da struccata appena sveglia. Ma non perdere la speranza di andare in
vacanza senza mai lavorare… possibili code su raccordi stradali,
riunioni aziendali, fanculo, a cui non andare.”
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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17 gennaio 2011
I VICINI TUNISINI
 Con un copione ormai collaudato, piazza e
Rete si sono rivoltate insieme alla Tunisia di Ben Alì, della sua
potentissima moglie e del clan a lei affiliato. La novità è che questa
volta hanno vinto e il presidente è fuggito in Arabia Saudita (la
destinazione di una fuga di solito racconta molto del profilo del
fuggiasco). Adesso è l’ora dei saccheggi
alla ville del potere, delle rivolte (con stragi) nelle carceri, della
ribalderia proletaria su cui tramestano le grandi manovre degli
aspiranti timonieri.
Ma prima, durante la “rivolta del pane”, erano stati i
bloggers tunisini a raccontare al mondo la situazione del paese.
Facebook, Twitter, YouTube e migliaia di blog hanno offerto al mondo un
aggiornamento costante sul mese di rivolta che ha cambiato la storia
della Tunisia. I video degli scontri e delle manifestazioni hanno fatto
il giro del pianeta e nonostante il governo abbia minacciato
l’oscuramento dei siti, alla fine è stata la Rete a vincere e a
spalancare la piazza agli insorti.
O forse ha perso la debolezza del potere,
il gigante coi piedi d’argilla che dopo tante energie dedicate ad
accumulare roba si è dimostrato impotente di fronte a una realtà di
disoccupazione, aumento dei prezzi e corruzione dilagante, denunciata
sul web da gruppi come Nawaat. In Tunisia il 54,3%
dei cittadini del paese ha meno di trent’anni e, grazie alla
scolarizzazione partita dopo l’indipendenza del 1956, un giovane
tunisino medio ha almeno una decina d’anni di scuola alle spalle. Il
numero degli iscritti all’università aumenta in modo esponenziale ma il
mercato del lavoro non dà sbocchi.
Dopo l’Iran, gli anarchici dell’Exarchia di Atene, gli studenti di Londra e Roma, gli immigrati di terza generazione delle banlieues
parigine, sono i giovani tunisini oggi a sfidare il potere costituito.
Colpisce l’analogia di fondo di tanta rabbia: la percezione che il no future,
metafora punk lirizzante di fine anni ’70, sia alla fine divenuta
realtà. Il terrore generazionale del domani, la percezione che l’oggi
sia una truffa, un bluff inscenato dai parrucconi di turno per
non mollare la poltrona, ogni tanto esplode in una fiammata di rivolta
che non ha niente a che spartire con gli indottrinati movimenti degli
anni Sessanta-Settanta. Destra e sinistra servono a poco per spiegare la
paura del nulla.
La foto è tratta dal sito di Nawaat. L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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16 novembre 2010
LARGO AI VECCHI
 “I giovani residenti in Italia tra i 18 e i
30 anni (nati tra il 1980 – anno della storica rivendicazione dei
quadri Fiat – e il 1992) sono 8 milioni 605 mila 654 (fonte Istat). E
solo poco più di 728 mila (secondo i dati forniti dalla Cgil, Cisl, Uil e
Ugl), per una percentuale inferiore al 10%, sono iscritti a una di
queste quattro sigle sindacali.”.
I numeri
non lasciano spazio a equivoci: di questo passo, oltre all’Inps, anche
il sindacato rischia di chiudere i battenti, al massimo entro due
generazioni. Forse per questo, nelle stesse ore in cui sono stati
diramati i dati della ricerca che rivela l’impietosa realtà, il nuovo
segretario della Cgil, Susanna Camusso, ha esordito mediaticamente
rivendicando un’azione virale che ha fatto di nuovo alzare il pollice a Repubblica.
“Giovani disposti a tutto”, anzi, “non +”. A
dirlo, con forza, è la Cgil, che oggi in una conferenza stampa “ha
svelato il mistero”, presentandosi come autore della campagna che dal 30
ottobre ha suscitato interesse, curiosità e ottenuto oltre 70.000
visite sul sito Internet e quasi 6.000 fan su Facebook. “Non + 2? è
anche la parola d’ordine, il motto della manifestazione indetta dal più
grande sindacato italiano per il 27 novembre, a Roma.
La campagna è partita, anonima, il 30 ottobre, con affissioni in tutta Italia e banner
in Rete, e pubblicizzava una serie di finti annunci di lavoro per
giovani vittime della precarietà (tipo “Azienda leader nel largo consumo
cerca giovane laureata bella presenza disposta a farsi consumare”). Era
un teaser per la manifestazione della Cgil e Repubblica
è stata la sua balestra. “Il tema della campagna è stato ripreso dal
nostro sito con l’iniziativa “Racconta a Repubblica.it le ‘proposte
indecenti’.” Sono arrivate centinaia di testimonianze da cui emerge una
realtà sconcertante, di annunci veri molto simili a quelli finti”.
Dopo la manifestazione, il comizio, le
telecamere, il tributo degli artisti, il bisticcio sul numero dei
partecipanti e tutto ciò che prevede il menu mediatico e circense, si
tornerà ai freddi numeri e alla realtà di una generazione che,
semplicemente, il sindacato non sa bene cosa sia. Per spiegarlo (e
tentare di evitare l’estinzione) bisogna parlare la stessa lingua (sui
loro media) tutti i giorni, non soltanto in occasione delle feste
comandate.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. L'immagine è stata presa qui.
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27 febbraio 2008
AUDACI
 Il Corriere ha scoperto la campagna di rupture dell'Unef, il sindacato degli studenti franzosi, sul problema degli alloggi per i giovani. Secondo Marco Consoli La campagna che in Italia scatenerebbe sicuramente molte polemiche, in
Francia sembra aver già dato i suoi frutti: il ministro dell’Università
Valerie Pécresse ha annunciato un piano di investimenti pari a 620
milioni di euro per costruire 5.000 nuovi alloggi e ristrutturarne
7.000 all’anno, fino al 2012
Mah. L'Udu, il sindacato degli studenti nostrani, l'ha fatta identica nel secolo scorso (o al massimo nel 2000, l'avevo appiccicata sul frigo a casa di Bepi) su gentile concessione dell'Unef. E nessuno si era scandalizzato granché, né (pre)occupato troppo del problema degli alloggi per i giovani. Magari è un tema che appassiona solo quando se ne parla all'estero, o forse è la buona volta che diventa un argomento di dibattito anche qua (al posto dell'aborto, no?).
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