27 aprile 2012
FAR WEB
“Oh figurati… per me tutte le scuse sono buone pur di avere la
sensazione di cavalcare l’onda del futuro, qua è arrivato questo nuovo
assunto, si chiama Sparky, deve telefonare alla mamma se fa tardi a
cena, solo, pensa un po’… siamo noi i suoi apprendisti! Louis
si intrippa con ARPAnet, e ti giuro che è come l’acido, tutt’un altro
mondo, stranissimo… tempo, spazio, e tutta quella roba là…”.
Doc, detective hippy nella Los Angeles psichedelica di Vizio di Forma,
aiuta a mettere in prospettiva la portata rivoluzionaria dell’Internet
Era in cui siamo immersi sino al collo. Niente sarà mai come prima,
oltre a essere lo slogan di chissà quante campagne pubblicitarie, è il
corollario ai limiti della banalità che costella ogni riflessione
sull’argomento, dentro e fuori la Rete.
Di certo c’è solo un prima, mentre il dopo è avvolto da nebbie
futuristiche intrecciate con paranoie neo-millenaristiche e profezie cyber punk, che allignano nei sobborghi della cultura globale, e globalmente massificata, che dall’interattività “social”
trae la propria linfa vitale. Con le debite differenze (la rivoluzione
tecnologica non ha precedenti nella storia, forse bisogna arrivare alla
ruota perché Gutemberg alla fine era un prodotto di nicchia) si tratta
della narrazione inevitabile di un’era di passaggio fra due mondi. E,
quindi, di crisi.
Oltre ai cambiamenti “oggettivi”, infatti, sono i soggetti che stanno
cominciando a mutare pelle e anima, come se l’innovazione tecnologica
scrosciante producesse un sisma genetico analogo a quello degli X-Man. È
l’antropologia il campo di battaglia vero su cui si misurano le truppe
digitali e analogiche, e l’evoluzione (e conseguente selezione) della
specie la posta in palio.
La gente cambia, spesso senza rendersene conto e senza rendersi conto
della velocità con cui sta cambiando. Ma l’amico del fricchettone
protagonista del romanzo di Thomas Pynchon aveva già colpito nel segno: è
la percezione allargata di tempo, spazio e tutta quella roba là il
punto. Il tempo reale s’è incoronato sovrano assoluto, spodestando con
un sol colpo il passato (buono giusto per nostalgie feisbukabili o mode vintage) e il futuro. E basta un click su Google per bypassare qualunque limite geografico.
Gli effetti sulla politica e sull’informazione sono tanto traumatici
quanto, a volte, rasenti la comicità. Alle ultime elezioni in Francia,
stante il gap tra i primi exit polls (pronti alle 18) e la chiusura dei seggi (ore 20), è stata nominata una task force
di dieci (dieci!) persone per vigilare che in Rete venisse rispettato
il locale gioco del silenzio che, in una versione un po’ meno demenziale
che in Italia, impedisce a chiunque di parlare di sondaggi o previsioni
di voto (multe salate per chi contravviene, blogger inclusi).
Risultato: sono usciti in Belgio e in un amen ogni francese sapeva
tutto.
L’overdose quotidiana di informazioni e notizie che ti inseguono
letteralmente in ogni attimo dell’esistenza, con gli smart phone
l’effetto è più che psichedelico, rende la gente decisamente più
esigente e intraprendente. Sempre in Francia, sono state diffuse
in Rete diverse foto di donne che hanno scelto di usare il proprio
corpo come arma di seduzione politica o per convincere la gente ad
andare a votare o per fare propaganda a questo o a quel candidato. Pare
senza nulla in cambio, solo perché possono farlo.
L’adagio popolare secondo cui in Italia sono tutti commissari tecnici
della nazionale di calcio bene si attaglia alla politica, in tempi in
cui le decisioni dei politici possono cambiare radicalmente il tenore di
vita di una famiglia e di una comunità e/o il grado di libertà delle
persone. Di conseguenza suonano pateticamente urticanti le lacrime di
coccodrillo versate di
fronte ai sondaggi arrembanti che consacrano Grillo e il suo movimento
come il temibile asso pigliatutto della prossima tornata elettorale.
Non è una questione di moralità o mani pulite, che alla fine solo solo il package del
Movimento 5 Stelle, ma di efficacia e immediatezza. La generazione
politicante al potere (a corrente alternata, in ossequio al totem
bipolare) da vent’anni è bollita. È un dato di fatto e nemmeno loro
provano a smentire (al massimo, a domanda diretta, divagano). La Rete
(che Grillo ha capito, studiato e utilizzato per primo) è solo
un’accelerazione all’eutanasia inevitabile per chi si ostina a negare la
propria, evidente, necrosi progettuale.
Un po’ com’è accaduto in Tunisia, Egitto e Libia che peraltro distano
poche centinaia di miglia dalle italiche coste. Ma in tutto il mondo è
sempre e comunque un formidabile strumento di stress dal basso nei
confronti di gestisce la cosa pubblica (ergo i soldi delle tasse dei
cittadini, gli stessi che chiedono il conto, sempre più spesso e con
sempre più cognizione di causa). Internet, dunque, è davvero la prima
utopia libertaria dei fricchettoni anni ’60 ad essersi realizzata?
“Ti ricordi quando hanno messo fuori legge l’acido appena hanno
scoperto che era un canale verso qualcosa che non volevano farci vedere?
Perché dovrebbero comportarsi diversamente nei confronti
dell’informazione?” Pynchon mette in bocca a Doc la più ovvia delle
verità. Perché non hanno fermato Internet se era così pericoloso? La
risposta è: chi? Chi ha il potere di farlo, se non al riparo di
caduchi confini nazionali e sotto minaccia di torture e vessazioni? È
la solita storia della mela, della conoscenza che fa male e del Lucifero
tentatore. Che, stavolta, pare abbia in pugno la mano (e forse la
partita).
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
|