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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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23 marzo 2012
LA LEGGE DI CAMERON
 “E a chi ha delle riserve, io dico: sì, si tratta di uguaglianza, ma è
anche qualcos’altro: l’impegno. I conservatori credono nei legami, che
la società sia più forte quando c’impegniamo a vicenda e ci sosteniamo
l’un l’altro. Quindi io non appoggio il matrimonio gay a dispetto del
mio essere conservatore. Lo faccio proprio perché sono un conservatore”.
Ci voleva David Cameron per dare uno straccio di ragione valoriale (ma post-ideologica) a una scelta politica?
Con un discorso che resterà nella storia pluricentenaria dei Tories,
il premier britannico ha annunciato che entro il 2015 i matrimoni gay
saranno legge anche in Inghilterra, dopo Olanda, Spagna e Canada. E a
chi gli venisse in mente che possa trattarsi solo del narcisismo nuovista
di un “giovane” rampante ansioso di bruciare le tappe che lo separano,
appunto, dai libri di storia, converrebbe riflettere su quel termine
brandito da Cameron per spiegare il colpo di teatro: conservatore.
Si potrebbe ipotizzare, allora, che le chiese, i media e i circoli old tories
del Regno Unito siano in via di frivolezze progressiste, del tutto
fuori portata nel paese del Vaticano, del Papa, di Alberto Sordi e don
Abbondio. Nemmeno
per sogno. Cameron è intenzionato a tirare diritto e ha una ottima
ragione per farlo: è la scelta politica più genuinamente conservatrice,
per un paese che vuole camminare. La fine delle discriminazioni
significa la disoccupazione per i professionisti delle cause giuste. La
mafia crea l’antimafia, Berlusconi l’antiberlusconismo, il Medioevo
italiano il Gay Pride quotidiano.
La legge di Cameron, invece, chiede responsabilità a fronte di
libertà, diritti contro doveri, anche alle persone dello stesso sesso
che intendono metter su famiglia. Quando per famiglia s’intende una
comunità solidale di affetti e affari, la cellula di ogni società in
buona salute. Conservatoristicamente parlando. Fine del teatrino omofobo
di trogloditi che dal Parlamento esondano su radio, tv e web e stop
all’eterno Gay Pride degli appelli, delle manifestazioni, degli osceni
dibattiti su cosa è o non è contro natura, degli slogan vittimistici e
stantii che ti fanno venir voglia di applaudire Sgarbi.
“Io sono contrario al matrimonio in quanto tale. A tutti i matrimoni!
Che cazzo me ne frega a me di far sposare uno di settant’anni con uno
di trenta? Così quando il vecchio crepa quell’altro si becca la pensione
di reversibilità per tutta la vita… Tutta una questione di soldi, se
davvero c’entrasse l’amore, gay o non gay, quando uno crepa l’altro non
becca un soldo. Arrivederci e grazie…”.
In una puntata della Zanzara di Radio24 più odiosa delle
altre, l’intervento urlante dell’ex sindaco di Salemi è suonato come una
boccata di aria fresca. Il truce conformismo dell’ironia brutale e
giaculatoria del co-conduttore satirico, supportata con furore dal
collega serio (teoricamente il poliziotto buono della ditta), aveva da
poco preso di mira un presunto collaboratore dell’onorevole Scilipoti,
reo di aver dichiarato contro natura il sesso anale (ma solo fra culi
maschili).
Il malcapitato, in palese e servile imbarazzo, era stato brutalizzato
senza pietà né costrutto per tentare di strappare una ghignata
all’indirizzo di Scilipoti, bersaglio dell’ineffabile duo della radio di
Confidustria in quanto simbolo del rococò politicante e castale,
ma parente povero del potere e dei potenti. Forti con i deboli, i due
hanno poi bastonato un ascoltatore che tentava di argomentare in difesa
(“faceva solo il suo mestiere”) dell’oscura voce che aveva risposto al
numero del parlamentare-target.
Legalizzare i matrimoni gay permetterebbe di liberarsi di
trasmissioni così miserabili, dell’inevitabile alleanza di
avanspettacolo fra capre omofobe e cinismo liberal. Di non doversi sorbire più lo squallore dichiaratorio a proposito del funerale di un gay celebre, che aveva osato non esibirsi nel canonico coming out
richiesto dall’etichetta del politicamente corretto, o di quelle che
circondano ogni benedetto Gay Pride, che regolarmente ci regalano
l’istantanea truccata di un’Italia inchiodata sul set di un film anni
‘50.
Ci volevano i giudici per fare politica. C’è voluta una sentenza della Corte di Cassazione, più che lo storico voto
del Parlamento europeo che chiede alla Commissione di trovare il modo
per regolamentare i matrimoni gay tra cittadini di diversi paesi
dell’Unione (l’Europa si fa Stato), per spazzare via il vuoto pneumatico
in cui galleggia il Pd e il centrosinistra dei Pacs e dei Dico. C’è
stato bisogno di leggere le motivazioni di una sentenza con cui l’Alta
Corte ha respinto un ricorso di due omosessuali olandesi, che chiedevano
di vedersi convalidare le nozze contratte regolarmente in patria.
È bastato dire che la coppia ha diritto legale a “un trattamento
omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”, anche
se la legge italiana impedisce di “far valere il diritto a contrarre
matrimonio, né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato
all’estero”. Per i giudici, però, le coppie gay hanno il diritto alla
famiglia come quelle etero. È bastato dire questo e sono andati tutti in
crisi, a parte i conservatori seri che hanno ancora in testa una
società da conservare.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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7 novembre 2011
OCCUPY HALLOWEEN
 C’è una consolidata tradizione di tentativo di occupazione del Samhain.
La festa di fine raccolto, l’inizio dell’inverno per gli antichi Celti,
è stata importata negli Stati Uniti dai coloni europei che tentavano di
portarsi dietro gli antichi dèi e i riti della loro Europa ancestrale.
Poi, insieme a Babbo Natale (made in Coke), il sogno americano ha rispedito al mittente la festa infiocchettata di pop, seppur nella sua sfumatura più dark.
Sempre più persone, festeggiando Dracula e Scary Movie,
rendono onore agli antichi dèi del lungo autunno pagano e alla loro
mitografia. È comprensibile quindi che alla chiesa cattolica girino le
palle e che le invettive dei suoi rappresentanti più sanguigni assumano a
ogni Halloween i toni trucemente grotteschi della crociata a mezzo
stampa. Negli ultimi anni, come da copione, i contenuti delle prediche
si sono concentrati sul carattere relativista dei festeggiamenti, che annacqua il valore religioso con frizzi e lazzi.
È buffo che sia proprio la chiesa cattolica a denunciare il furto di
fede (frizzi e lazzi contro autentica preghiera), quando la data di ogni
sua festa (a partire dal Natale) è stata minuziosamente tarata in modo
da coprire quella che c’era prima (in onore degli antichi dèi, appunto),
ereditandone fede e abitudine. La denuncia del carattere oziosamente
consumistico di Halloween, in Italia trova nell’elettorato ex-Pci il suo
alleato naturale, dando al termine “cattocomunista” un altro giorno di
splendore.
Quest’anno però l’occupazione più riuscita è venuta da chi, l’occupazione, l’ha fatta diventare il fenomeno politico più cool
del 2011. Le annuali parate di Halloween sono state occupate
mediaticamente dai cartelli di protesta contro la dittatura finanziaria
globale che hanno fatto il giro della Rete in poche ore. Secondo i
sondaggi, d’altronde, per i campeggiatori anti-sistema di Occupy Wall Street, la sezione Usa più celebre degli indignados, simpatizzano i due terzi dell’intero elettorato americano.
“A confermare la popolarità mondiale di Occupy Wall Street,
le agenzie turistiche ormai hanno inserito Zuccotti Park nei giri
organizzati dei torpedoni, alla pari con l’Empire State Building e Times
Square. I manifestanti hanno dovuto mettere dei cartelli “I turisti per
favore si fermino qui” per evitare che il via vai dei gruppi, insieme
con quello delle troupe televisive, finisse per invadere la privacy di chi dorme in sacco a pelo sotto le tende.”
E mentre a Zuccotti Park va in scena la parata delle star politically correct (and very glamour), in Ucraina s’indignano
pensionati e reduci della Caporetto afghana dell’Armata Rossa, in Cile
si ribellano gli studenti e la primavera araba, la miccia, si fa autunno
e consegna la Tunisia alla democrazia islamica (la gente vota un po’
chi gli pare, bisogna farsene una ragione).
“Le immagini si sovrappongono alla homepage, disturbando la lettura. C’è Batman che cerca un lavoro (Lost my job, found an occupation), uno dei protagonisti dei film di Austin Power, Mini-Me, che chiede soldi, un robot che ricorda il potere popolare del «Movimento 99%» (1% rich, 99% poor), un dinosauro che regge un cartello con la scritta «People, not profits» e un’infinità di altre figure prese in prestito dalla politica o dal cinema.”
Occupazioni e sit-in sono sbarcati anche in Rete, con soluzioni molto creative, sui siti di banche e finanziarie brutte e cattive, prima, e con un contest di
quattro giorni per creare icone di manifestanti da mettere a
disposizione di chiunque, in qualunque parte del mondo, per azioni
online. Tutto questo fermento, nell’epoca in cui con una app si calcola l’esatto numero di “schiavi” che mantengono il nostro stile di vita, di certo è un sollievo per il business della comunicazione che ha modo così di testare nuovi talenti. Gratis.
L'articolo, con foto, è stato pubblicato su The FrontPage.
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13 luglio 2011
EUTANASIA POLITICA
 “Lo Stato non può sostituirsi ai genitori nel decidere a quali
contenuti i propri figli possono accedere e a quali no.” A proposito di
libertà dallo Stato, la sentenza della Corte Suprema degli
Stati Uniti d’America ha vietato il divieto di vendere videogiochi
violenti ai minorenni, stabilito dallo Stato della California. Nel farlo
ha equiparato, per la prima volta, i videogames alle altre
opere della creatività: film, libri, fumetti sono sconsigliabili a
seconda dei contenuti e dell’età, ma il Primo Emendamento li tiene alla
larga dai fans dei prontuari contro il Maligno.
L’Italia non è l’America, okay, e la nuova micro-polemica su “Euthanasia”, l’ennesimo videogioco finto nuovo (è in rete da un anno, ma nessuno di quelli che ne parla lo sa), innescata dall’intervista di Paola Binetti
a KlausCondicio si è incaricata di dimostrarlo un’altra volta. Secondo
Binetti “sono videogiochi violenti che hanno come obiettivo quello di
introdurre la cultura della morte facendo leva sui consumatori sempre
più giovani di videogiochi”, roba da tirar via al più presto dagli
scaffali e quindi dalle grinfie dei nostri frugoletti, tanto più che “Il
settore non è regolamentato”.
Il mercato dei videogiochi in Italia è regolamentato dal Pegi, il
codice europeo che definisce la fascia d’età a cui consigliati (come per
i film, i libri, ecc.) “Euthanasia” però si scarica gratis in
rete (che, si sa, è il covo del Maligno). Pensare di fermarne la
commercializzazione non ha alcun senso: non è mai stato in vendita. In
più nel gioco (classico sparatutto senza sfumature) il protagonista è
una “vittima” della propria scelta di suicidio assistito. Binetti,
Gasbarra, Roccella, genitori cattolici & company dovrebbero fargli un monumento a Serygala, lo sviluppatore indipendente che l’ha messo online.
D’altronde è sempre lo stesso paese in cui il Parlamento “lascia i cittadini liberi dalle macchine solo da morti”, per dirla con Bersani,
pochi giorni dopo che il non voto del suo partito è stato decisivo per
non abolire le province. La mordacchia alla Rete per via parlamentare
sembra che non si riesca proprio a mettere, così ci prova l’Antitrust, che invece di combattere i trust
(Mediaset-Rai e Sipra-Publitalia per dirne uno) prova ad azzoppare
quelli che non ne fanno parte. Poi, tutti insieme, parlano di
antipolitica.
L'articolo (con foto) è stato pubblicato su The FrontPage.
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16 febbraio 2011
GIOVANI RIVOLTOSI CRESCONO
“Le motociclette nere dei bassiji
sono tornate nelle strade di Teheran, ieri, per disperdere la
manifestazione organizzata dall’opposizione al regime degli ayatollah.
Lacrimogeni, spari, un morto secondo l’opposizione, decine di arresti
hanno scandito il pomeriggio della capitale iraniana, mentre le strade
si riempivano di giovani e meno giovani”. Alla faccia di chi gridava al
pericolo islamista è proprio l’Iran, i cui leader si erano affrettati a
sostenere le rivolte in Tunisia ed Egitto nella speranza (speculare ai
pruriti kissingeriani di casa nostra) di accaparrarsene la paternità, a
scontare il nuovo contagio.
Il Medio Oriente, ora sì, è una polveriera
rivoluzionaria che ad ogni istante ribolle di nuove proteste e nutre
così altre turbe rivoltose. Sono i giovani, protagonisti del panorama
anagrafico di questi paesi, il motore del cambiamento ed è la libertà il
mito rivoluzionario che li spinge a rischiare la pelle, la famiglia e
il lavoro. Se poi l’eclissi di libertà che ha impedito loro sinora di
votare, pregare e scopare come meglio credono si chiama Mubarak,
sovrano-fantoccio di una ultratrentennale democrazia familiare, utile
agli interessi occidentali e d’Israele, o Ahmadinejad, leader di una
sanguinaria teocrazia antimoderna (prima ancora che antisemita e
antioccidentale) non fa differenza.
Il che la dice lunga sulla distanza che
separa la realtà dalle categorie dell’analisi, ferme alla guerra fredda o
al massimo ai suoi postumi, appunto, kissingeriani. L’Occidente sconta
il logoramento della propria leadership innanzitutto come credibile
guida del mondo libero, prima ancora che come guerra dei Pil,
vittoriosamente condotta dai paesi emersi (Cina, India, Brasile, ecc.).
Gli scheletri nell’armadio, la cui sola evocazione ha reso Julian
Assange il nemico pubblico numero uno (e non a caso ‘adottato’ in tempo
reale da Putin e oggetto delle ironie antioccidentali dello stesso
Ahmadinejad), e i riflessi condizionati del vecchio mondo hanno reso
l’Europa e gli Stati Uniti vecchi pugili stonati.
Prima l’America del Sud, in cui senza
troppi casini sono stati i cittadini a incaricarsi di mandare al potere
Morales, Lugo, Chàvez, Lula, Dilma Roussef, Cristina Kirchner, Michelle
Bachelet, senza remore rispetto al ruolo di abitanti del “cortile di
casa” che era stato assegnato loro dai potenti vicini del nord, ora il
Medio Oriente. Intanto le blasonate democrazie della vecchia Europa si
sono incartate sulla crisi e su come fare davvero l’Europa (che sembra
sempre un po’ il Pd, una cosa ‘da fare’ ma da cui tutti tirano il culo
indietro il prima possibile) e gli Stati Uniti, dopo l’Hope di Obama sono di nuovo al palo.
Altre Atene, Parigi, Roma ci aspettano,
altre fiamme attendono l’Occidente, troppo vecchio per sperare in belle
insurrezioni generazionali rivitalizzanti ma (ancora) troppo ricco per
illudersi che gli esclusi dal banchetto rimangano educatamente fuori,
con le facce spiaccicate sulla vetrina del ristorante.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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3 dicembre 2010
"MEGLIO IL FUOCO DELLA BATTAGLIA"
“Due canaglie votate al male. Concentrato di malefica intelligenza.
Subodoro una trappola. D’accordo. In chat su fb.” Mauro Zani non ha
dubbi e, brusco e bonario come l’archetipo di emiliano che incarna,
accetta su due piedi la mia intervista per tFP. “È il blog
diretto da Velardi&Rondolino che mi dicono di salutarti (consapevoli
del rischio di essere mandati a cagare per interposta persona) e mi
piacerebbe sapere il tuo parere su Pd, Bologna, rapporto con la Rete. Se
ti piace l’idea possiamo anche fare in chat, qui su Facebook, su Skype o
dove credi.” Dopo un paio di giorni, a sera tarda, abbiamo combinato.
Ecco il copia e incolla di com’è andata.
Zani (Z): “Forza”
Orione
(O): “Dunque, Mauro Zani: consigliere comunale, consigliere
provinciale, presidente della provincia di Bologna, segretario del Pci…”
Z: “Già, eccomi”
O:
“Poi segretario regionale, consigliere regionale, deputato, eurodeputato
e coordinatore della segreteria nazionale Pds-Ds, adesso blogger. Lei
fa il blogger a tempo pieno? Ha smesso di fare politica attiva per
davvero? Come si sente?”
Z:
“Fermo lì. Una cosa per volta. Faccio il blogger certo. La politica la
osservo e se del caso la critico. Son come quei pensionati che
s’aggirano intorno agli operai al lavoro e… mugugnano, e… avanzano
rilievi critici…”
O:
“Ci tiene a rimarcare che ha smesso con la politica attiva, l’ho letto
più volte. Dal distacco etereo del blog com’è, la politica?”
Z:
“Già. Niente politica attiva. Altrimenti mi pensano in agguato dietro
una siepe… il lupo cattivo… La politica non sta tanto bene”
O:
“Lo stato di salute di Pd e Pdl sembrano darle ragione… Perché, secondo
lei, dal ‘92 ad oggi il grado di consunzione di partiti e leader
politici è così alto? A sinistra, in particolare, è un’ecatombe”
Z: “M’interessa più stare a ridosso del Pd naturalmente. E… son così annoiato d’aver sempre ragione”
O: “Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino, Cofferati, Franceschini, Bersani, Prodi… ne ho perso qualcuno?”
Z:
“Beh, consunzione dei leaders? Forse, resta che s’avvicendano più o
meno gli stessi. Li conosco, a memoria… Appunto son quelli”
O:
“Ma perché nessuno molla, come lei? Non lo capisco. Voglio dire, ha una
bella pensione, un sacco di amici sparsi per il mondo, parecchi libri da
leggere in sospeso…”
Z:
“Questione egoica. Hanno poco rispetto per le loro persone… e poi in
pensione non si sta tanto bene. Meglio il fuoco della battaglia. Per
mollare basta andare per cinque anni nel Parlamento Europeo. E non vedi
l’ora che finisca! In sostanza per mollare bisogna fare un apposito
training… io modestamente lo feci”
O: “Si vede… Devo confessarle che all’inizio non ci credeva nessuno…”
Z: “Già. Poi però non mi va di starmene zitto e buonino…”
O: “Nono, intendo che nessuno credeva che fosse lei”
Z: “Prego?”
O: “Alcuni hanno insinuato che fosse un vero e proprio furto d’identità… un gesto dadaista”
Z: “Fantastico, è un mondo pieno di matti!”
O:
“Un erede di Guy Debord si era impadronito del brand ‘Mauro Zani’ e le
stava suonando a tutti di brutto… beh, non era una tesi tanto campata in
aria. C’era una discreta differenza tra il prima e il dopo di Mauro
Zani”
Z: “In verità c’è chi sa bene che io ho sempre suonato, adesso ho semplicemente cambiato strumento. E non mi dispiace”
O:
“Comunque, sono felice che quello che diceva che Zani era morto e il
blogger era uno sciacallo identitario si fosse sbagliato…”
Z: “Comunque quello vero è il blogger, seppur in erba”
O: “Bene: da bolognese chiedo al blogger, che dal cv mi pare informato dei fatti, che sta succedendo a Bologna?”
Z: “Sono informato anche dei misfatti”
O: “Immagino… lo spettacolo penoso che la riportò in città nel ‘99 si sta ripetendo o è una mia idea?”
Z: “A Bologna assistiamo con ogni probabilità all’ultimo atto di una
lunga storia. Quella di una sinistra al governo per mezzo secolo e che
dopo la nascita del Pd s’appresta a passare il testimone ad altri.
Difficile dire adesso come andranno le cose, ma può persin darsi che,
con l’aiuto di Vendola, Dossetti si prenda una rivincita post-mortem.
Naturalmente non ho nulla contro gli eredi di Dossetti, tanto più che
fino a qualche mese addietro, era persin possibile che la rivincita la
prendessero i legittimi inquilini di Via Altabella. Sì, insomma, per i
non bolognesi la Curia. In sostanza non si sta ripetendo semplicemente
lo ‘spettacolo’ del ‘99. Con la meravigliosa idea che ha fatto
frettolosamente nascere il Pd tutto lo scenario è cambiato. Non son
sicuro che a Bologna e a Roma se ne abbia contezza”
O: “Lo
scenario è cambiato, non solo a Bologna e in Italia. Non mi pare che il
Pse goda di ottima salute… I socialisti stanno perdendo ovunque in
Europa, mentre la sinistra conquista il Sudamerica stato dopo stato,
facendo la sinistra per davvero… Qual è la lezione?”
Z:
“Infatti. Perciò, modestamente, a suo tempo spiegai che si trattava di
cercare una nuova (parolone antico) sintesi. Un progetto demosocialista.
L’idea, semplice, che siamo tutti democratici dopo l’89, e che quindi
definirsi semplicemente tali è come cercar d’afferrare il nulla. Calci
al vento. Perché la sinistra in America del sud vince? Semplice: perché
critica la liberaldemocrazia nei fatti e non con la semplice ideologia,
della serie siamo socialisti, punto. O siamo democratici, punto. Morale.
Ci vuole un’identità definita. Per me basterebbe definirsi come democraticiesocialisti tutt’attaccato. Insomma ripartire bisogna, a costo d’attraversare il deserto.”
O: “Ok, e cosa significa, con un esempio, essere democisalisti? Demosocialisti, faccio fatica a scriverlo…”
Z:
“Capire che tutte le democrazie sono alla prova della globalizzazione
dell’economia e dei mercati, ad esempio, e di conseguenza imprimere
efficacia alla democrazia chiudendo la fase (novecentesca) della
liberaldemocrazia. Come? Recuperando e facendo circolare ideali, valori
di giustizia sociale nella democrazia. Ed è chiaro che ciò significa
promuovere taluni interessi contro taluni altri. Se son bigi tutti i
gatti allora le persone stanno a casa. A guardare (quando va bene) la
politica dallo schermo”
O:
“Ultima domanda: perché non si è candidato lei sindaco di Bologna? Lo
sa, vero, che con una buona campagna, lei poteva vincere…?”
Z:
“Per la ragione che avrei avuto contro prima di tutto il Pd. E anche
per il solito egotismo. Della serie: se non mi vogliono peggio per loro.
In più io non son adatto per le autocandidature. Proprio per niente:
all’ego s’aggiunge, paradossalmente, una ritrosia innata. Insomma siam
mal fatti!”
E’ mezzanotte passata, l’intervista è agli sgoccioli e Zani si concede un’ultima zampata.
“Piccolo motto conclusivo per i dirigenti nazionali del Pd: quando i
gatti han lo stesso colore scorazzano le volpi. E non son solo grilline.
Occhio ragazzi!”
Il blog di Mauro Zani è qui. L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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19 aprile 2010
ESTATE GLACIALE SUL WEB
“Quell’anno,
il 1816, venne ricordato come l’anno senza estate e in precedenza c’erano stati
anni simili… nel ‘700 ne abbiamo avuto un altro simile in cui si dice si sia
gelato, addirittura, il Mississipi… quindi non è una teoria stupida…". Il
2010 senza estate è una possibilità da non scartare per Marina Baldi,
climatologia del Cnr, nell’intervista a
RaiNews24 di qualche giorno fa. “Ma un grande bombardamento per far piovere,
non è possibile?”
Butta là Corradino Mineo, con timidissima ironia. La Baldi
spiega seria che no, non si può fare (costa tanto e serve a poco), poi finisce l’elenco dei
pericoli in arrivo (asmatici, bambini, ecc.) e infine chiosa cupa “Non
dimentichiamoci che l’ultima volta…” “1816?” s’inserisce Mineo “Si… ha eruttato
per circa due anni” “Nel 1816? Quello stesso vulcano?” “No, non era lo stesso
vulcano, ma era sempre in Islanda…” Mineo abbozza “quindi… potrebbe essere
l’inizio di un lungo periodo?” “Speriamo di no”.
Secondo Italian spot e l’informazione sparita
nel 1816 “l’Europa, che stava ancora riprendendosi dalle guerre
napoleoniche, soffrì per la mancanza di cibo. Ci furono rivolte per il
cibo in Gran Bretagna, in Francia e i magazzini di grano vennero
saccheggiati. La violenza fu peggiore in uno stato senza sbocchi sul mare come
la Svizzera, il cui governo fu costretto a dichiarare un’emergenza
nazionale. Grandi tempeste, piogge anomale e inondazioni dei
maggiori fiumi europei (incluso il Reno) sono attribuite all’eruzione”.
Prima però “nel 1812 il vulcano Soufrière nell’isola di Saint
Vincent nei Caraibi eruttò per quasi sei mesi. Due anni dopo nel 1814
toccò al Mayon nelle Filippine nel 1814. Un anno dopo tra
il 5 e il 15 aprile del 1815 ci fu l’eruzione del vulcano Tambora nell’isola di
Sumbawa, l’attuale Indonesia.”
Lo
spettro dell’estate glaciale (che ammazza i week-end, peggio di qualunque
suina, aviaria o mucca pazza), nuova info-mescalina
gratuita, s’aggira per la Rete. Il primo commento al video su YouTube
dell’intervista Mineo-Baldi, postato da MissPurplelife90, è eloquente
“quest'anno mi sono fatta un c**o tnt fuori casa e aspettavo l'estate per
riposarmi nella mia città in riva al mare... Ma perché sono nata poretta e non
posso pagarmi una vacanza sulla Luna che questi problemi non ci sono?”
L'articolo è stato pubblicato oggi su The Front Page.
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10 giugno 2009
MORALE DELLA FAVOLA / 2
 "Serracchiani in Italia, Verdi in Francia, Pirati in Svezia: chi l'ha detto che è andata male per l'Europa? I socialisti? Chi?"
Così apro le danze sul Facebook,
in questo day after elettorale molto più controverso e meno banalmente
cupo di quello che ci si poteva aspettare alla vigilia (sondaggi
clandestini alla mano). La valanga di destra in Europa c’è stata, è
innegabile, ma è stata intercettata da leader che hanno saputo dare una
faccia e parole credibili alla paura dell’uomo nero e della crisi
mangia-benessere, che sta segnando l’opinione pubblica della vecchia ed
esausta Europa. Un po’ come la Lega in Italia.
I socialisti
pagano dazio e di brutto, anche dove hanno dimostrato di saper
governare la contemporaneità, come nella Spagna di Zapatero. Questo
magari significa che l’idea socialista è vecchia, frusta e logora,
inattuale, alla fine della lunga parabola del suo ciclo vitale,
iniziata oltre un secolo fa. O semplicemente viene percepita così, ma
non fa nessuna differenza in termini pratici.
L'articolo completo, l'ultimo Bianconiglio pubblicato lunedì su Aprile, si trova qui. L'immagine è stata presa in prestito qui.
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