19 dicembre 2011
NON È UN PAESE PER TECNICI
 “La verità è che l’Italia è stata fondata su basi marce e ci abbiamo
mangiato tutti: evasori, statali che non facevano un cazzo e con il
doppio lavoro magari si potevano permettere di cambiare una volta in più
la macchina, così allo Stato tornava comunque indietro almeno l’Iva…”.
Secondo Claudio il Tappezziere, economista di riferimento oltre che asso
del tressette nel circolo radical chic bolognese che frequento, c’è poco da fare.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro degli altri, quelli che
“alla mattina escono di casa per tirar su la serranda, andare in
fabbrica o fare qualunque cosa”. Quelli che tutte le volte che il Paese
si trova nella merda, gira e rigira alla fine si trovano il conto da
pagare. È successo nel 1992 con la mitica finanziaria di Amato, poi coi
sacrifici per entrare nell’Euro, ora col salasso per tentare di tenerlo
in vita.
Bonanni buca i media dicendo che la manovra finanziaria poteva
scriverla anche suo zio perché coglie lo spirito dei tempi, che aleggia
maggioritario in tutti i Bildenberg di basso borgo del Belpaese. La
consueta ingiustizia sommaria che si salda all’impotenza atavica di un
potere spuntato, anche se ammantato per l’occasione di sobrietà
professorale, per mettere qualche toppa. L’Italia è sempre quella del
Marchese del Grillo.
Presumibilmente il “sadismo professorale” del “bullo intellettuale” diventato premier a furor di Twitter, ritratto
da Annalena Benini con impeccabile perfidia, ha contribuito ma non è
stata la causa scatenante. Il duce in loden, senza amici nel Palazzo, è
parso un toccasana proprio a causa del disprezzo manifesto con cui ha
trattato l’odiata casta. Non è neppure colpa della stangata, alla fine
se l’aspettavano un po’ tutti.
È stata quella raggelante sensazione di déjà vu, schiaffoni
ai soliti noti mentre i furbi si squagliano, unita all’italianissima
vigliaccheria del non ammettere la Caporetto delle sempiterne riforme
perennemente annunciate. Il Commissario Monti, lo stesso che ha
inchiodato Microsoft, è stato messo sotto scacco da tassisti e
farmacisti di casa nostra, oltre che dal veto sull’asta delle frequenze
televisive. Per ora, a sentir Passera, ma gli altri non hanno goduto del privilegio di tale dilazione.
“Poi anche questo ‘contributo di solidarietà’ per le pensioni d’oro…
Se prendi centonovantanovemila euro l’anno niente, con duecentomila te
ne fan fuori trentamila. Non potevano tassare in modo progressivo?” Il
diavolo si nasconde nei dettagli, Claudio il Tappezziere mette di nuovo
il dito nella piaga e s’infervora: “Posso dire una cosa? Voi che siete
giovani perché non andate in piazza a protestare?”
Nel clima surreale di questo Natale 2011 in odore di austerity,
anche la piazza è un’arma spuntata. L’hanno capito bene gli anarchici
che hanno spedito la bomba a Equitalia: a memoria d’uomo non ricordo un
attentato, peraltro così vile e meschino, che abbia goduto di tale
popolarità. Non solo i social network ma pure i bar con la birra sono un tripudio di “hanno fatto bene, quelli sono proprio il peggio”.
La coincidenza di analisi, poi, tra opposti estremismi rende il clima
ancora più sinistro e cupo. Anarchici e Boghezio, leghisti vestiti da
operai in Parlamento e rifondatori del Pci che gridano al complotto
delle banche, insieme a Ferrara, Feltri, Bossi, Vendola, Tremonti e Di
Pietro e agli editorialisti del manifesto, i sindacati e la Mussolini. Come stupirsi, in un clima del genere, dei proiettili ai politici recapitati da nuovi brand terroristici che sgomitano per il loro posticino nel Tg delle otto?
E mentre anche il New York Times getta la spugna e ammette la sua delusione per la manovra di Monti, nel Belpaese la fiction
post-berlusconiana in crisi d’identità si va a sovrapporre a una realtà
sempre più recessiva e deprimente. Così può accadere che l’onorevole
Scilipoti si metta in combutta situazionista con l’avvocato Alfonso Marra, esperto di signoraggio e leader del Partito d’azione per lo sviluppo, e con la show-girl Sara Tommasi per inscenare una campagna contro le banche.
Le immagini di Sara Tommasi, a braccetto con Scilipoti, che accenna allo striptease in mezzo alla strada e si fa ritrarre come mamma l’ha fatta per promuovere il pamphlet del Marra (onore condiviso con Lele Mora, Manuela Arcuri e Ruby Rubacuori) contro le banche affamatrici, acuiscono l’ésprit de décadence
che esala dalle cronache. Come se il teatrino del vecchio impresario
più amato dagli italiani avesse deciso di sopravvivergli e stesse
progressivamente esondando nella realtà.
Il 2012 incombe…
L'articolo (con foto) è stato pubblicato su The FrontPage.
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