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 VOTO Per il partito del diavolo. Quello dei mercanti, delle mignotte, dei preventivi.
Che ha inventato il marketing e gli hippie. Principio vitale e creatore, maschio, della contemporaneità. Ora, però, sta perdendo dei colpi. Martiri e beghini non fanno altro che strillare di valori e verità. Tutte balle per il vecchio tiranno, avvezzo alla ruvida legge del business e a quella melliflua del piacere. Parole incomprensibili, sparate in tutto il mondo dalla comunicazione.
Il re si era illuso. Per anni aveva dimenticato: non era solo al suo arrivo. La comunicazione era sempre stata lì. Creatrice, femmina, dell’umanità. Il vecchio aveva creduto di dominarla e in effetti per lungo tempo era andata così. Non aveva più memoria di essere anch'egli una sua creazione. Una funzione. Lei poi se ne stava in un angolo. Zitta e buona, casa e bottega.
Non aveva fatto una piega neanche quando le aveva portato a casa la tecnologia. L'arrivo della nuova amichetta sembrava non turbarla. Anzi: assecondava di buona lena ogni morbosità del veccho pervertito. Poi ci ha preso gusto e ha cominciato a giocare per sé. La nuova non le dispiaceva affatto, era una complice ideale. Efficiente, assecondava ogni voglia con pruriginosa meticolosità. E aumentava sempre la posta.
Dominata e dominatrice, allora, si sono messe a giocare insieme. Proprio sotto gli occhi del re, che non vedeva e si compiaceva: la partita era sempre più eccitante. Ma gli sguardi tradivano e il vecchio era costretto a rincorrere. Sempre più spesso non capiva e passava in rassegna prima l'una poi l’altra, a ripetizione, per afferrare qualcosa. La bocca spalancata.
Loro lo tranquillizzavano, gli facevano le coccole e lo mettevano a dormire. Era stato un re glorioso e non si meritava uno scherno manifesto. Dentro di loro, però, sapevano già come sarebbe finita.
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26 gennaio 2011
L'AVATAR DI CALIGOLA
 “Since the Roman Empire, politics here has
been seen as a means to power and money. Even today, Italy remains a
land where complex networks of connections and family ties can still, as
in feudal times, count more than merit or position, whether in getting a
job or a bank loan.” Rachel Donandio sul New York Times ha raccontato
il reality-show Italia alla luce delle gesta del solito unico,
celeberrimo, protagonista indiscusso “Surreal: a soap opera starring
Berlusconi”.
Non c’è solo Caligola, l’avatar impazzito del presidente del Consiglio che sbraita
contro Gad Lerner alle undici sera mentre gli italiani normali davanti
alla tv (tutti quelli che potrebbero votare per lui) guardano il Grande Fratello, nell’articolo del Nyt “Prisoner of this world that he created”, ma anche “I invented a parallel life”, Ruby heart-stealer
canonizzata in fascia protetta tv dall’avatar Berja-chic di Signorini, e
soprattutto gli altri protagonisti del virtuality-show: gli italiani a
casa. Quelli del televoto, che hanno già mandato tre volte Berlusconi a
Palazzo Chigi e adesso lo metterebbero pure in nomination, ma non vedono alternative.
Il fatalismo italiano è il vero alleato di Berlusconi, secondo il Nyt.
Niente di nuovo sotto il sole. Italiani brava gente, Franza e Spagna
purché se magna, fascisti con il Duce e antifascisti dopo il 25 aprile e
neanche nel ’92 andò diversamente. Tangentopoli (oltre l’incredibile
percentuale di assoluzioni e lo spropositato numero di anni trascorsi
preventivamente dietro le sbarre dagli imputati) non ha cambiato una
virgola nella società, a parte la decapitazione dei partiti che avevano
fatto la Repubblica, se non in peggio. Oggi il copione si ripete ma gli
italiani hanno ancora meno voglia di sbattersi e, al massimo,
s’indignano periodicamente a qualche festa comandata di piazza, su
Facebook o davanti a Santoro e Floris. Insomma, a differenza che dal nonno di Ruby, la “rivolta non scatta”.
Il braccio di ferro tra Fiom e Fiat, anzi, ha spostato molti più consensi
del Ruby-gate. La solita metà degli italiani per una ragione o per
l’altra non si sconvolge troppo con la storia del puttaniere prestato
alla politica (e/o sospetta che sia in buona compagnia). L’altra è in
ostaggio dello speculare psicodramma di un’opposizione scompaginata che
senza l’avatar di Caligola non esiste, un brusio indistinto fra uno
strepito e l’altro del tiranno virtuale. Ormai si definisce solo per sua
nemesi e, per questo, dovrà necessariamente arrivare fino alla fine
dello show. Costi quel che costi. Si lustrino le baionette, dunque, e si
olino le ghigliottine. Tanto poi arriva sempre la pubblicità. Chissà
stavolta che programmi ci sono dopo.
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage. L'immagine è stata presa qui.
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13 agosto 2010
FRONTE DEL PORNO 2.0
“Abbiamo già messo in conto che la censura cinese bloccherà la pellicola”. Stephen Shiu non sembra
troppo preoccupato della Grande Muraglia di Fuoco (il sistema di filtri
che blocca la diffusione online del porno e del dissenso) e della
censura di stato, che molto probabilmente colpirà 3-D Sex and Zen: Extreme Ecstasy,
il primo film porno in 3D della storia del cinema. Il suo business
consiste nel vendere il film nel resto del mondo e sta per stipulare
contratti con diversi paesi, molti dei quali asiatici. La censura può
fargli solo pubblicità (qualche liberal avrà almeno un motivo politically correct per comprare il dvd).
Il 3D è l’ultima, ovvia, svolta del porno. Il resto del cinema
d’intrattenimento puro – cartoni animati e contenuti per l’infanzia
davanti a tutti (con effetti sulla percezione ancora da scoprire) – dopo
Avatar forse sta già virando verso quella che da più parti è stata
definita senza mezze misure “la rivoluzione del cinema” (la prima volta
che il 3D pare abbia sfondato, dopo più di vent’anni di tentativi
zoppicanti e di mezzi buchi nell’acqua). La rivoluzione del 3D è
sostenuta dalla annunciata penetrazione massiccia sul mercato degli
apparecchi tv in grado di supportare la nuova testephen shiucnologia e di
configurare una massiccia domanda di contenuti (i primi canali Sky in 3D
partono ad ottobre, anche in Italia).
Naturalmente i contenuti pornografici si prestano particolarmente
all’accresciuto coinvolgimento sensoriale insito nel 3D, esaltandone e
(forse) ridefinendone confini e ricadute emozionali. “È strepitosa. Ho
visto delle scene e devo dire che affinare la sensorialità porta ad
affinare la sensualità”, sostiene Tinto Brass, che ha annunciato di
voler girare il remake del suo Caligola del 1979 (che si intitola, per ora, Chi ha ucciso Caligola?).
Colpisce più che altro il ritardo con cui la scena porno si è lanciato sul nuovo carro, dopo l’epoca in cui per Gola profonda
faceva la fila Robert De Niro, dopo che per anni “sex” è stata la
parola più digitata sui motori di ricerca e i contenuti hard sono stati
il piatto forte che ha permesso la nascita della megarete di
interscambio mondiale chiamata poi peer to peer. La rivoluzione dei social network alla fine ha messo anche in crisi i baroni del porno (oltre che quelli dei giornali) e il fronte si è frastagliato.
Marc Dorcel, barone creativo del porno francese, ha avuto un’idea molto interattiva (e parecchio simile a Pioneer One).
“Per diventare suoi coproduttori basta acquistare una parcella. La
tariffa base ammonta ad appena 20 euro e garantisce un posto per
l’anteprima. Con due crediti si compare sui titoli di coda. Con tre si
incassano, in proporzione, i profitti. Con sei, c’è pure un dvd con
dedica, ma ne servono 250 per partecipare ad una giornata di riprese e a
una sessione fotografica, e 500 (ovvero 10mila euro) per scrivere e
girare la propria scena hard.”
L'articolo è stato pubblicato su The FrontPage.
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